Il momento critico nella tensione tra i partiti sulla riforma è stato toccato ieri, con il livello di allerta sulla rottura arrivato al limite massimo. E in questo scenario si inserisce l’incredibile retroscena raccontato da Marcello Sorgi nel suo editoriale su La Stampa:
“Se Draghi fosse costretto a dimettersi (ma va ripetuto, è un’ipotesi del terzo tipo, il periodo ipotetico dell’impossibilità), Mattarella lo rinvierebbe immediatamente alle Camere, mettendo i partiti di fronte alle loro responsabilità. A quel punto la confusione a cui si assiste in questi giorni cesserebbe tutt’insieme.
Ma metti anche che, in un intento suicida, gli stessi responsabili delle dimissioni insistessero per mandare a casa il banchiere, giocandosi la fiducia dell’Europa e i miliardi di aiuti di cui sopra, al Presidente della Repubblica non resterebbe che mettere su un governo elettorale, forse perfino militare, com’è accaduto con il generale Figliuolo per le vaccinazioni”.
Un’ipotesi che ha letteralmente spiazzato tutti in vista del semestre, quando tutti gli analisti della politica prevedono che partirà un tutti contro tutti vista l’impossibilità per Mattarella di sciogliere le Camere. L’inquilino del Quirinale non resterà affatto a guardare i partiti tirarsi stracci a danno dell’Italia.
Draghi nel frattempo, sempre secondo Sorgi, ha cercato di tranquillizzare Giuseppe Conte, che fino a poco tempo fa accusava il suo successore di un complotto ai suoi danni ordito con Matteo Renzi e lo stesso Mattarella.
Supermario ha inutilmente cercato di spiegare a Giuseppi che la riforma della giustizia è il campo di battaglia meno indicato per alzare la polemica, visto che l’Italia senza questa svolta non riceverà la prima parte di aiuti miliardari da parte dell’Unione Europea. In generale nessuno ha voglia di una crisi di governo e tutti dovrebbero tornare a riporre le armi al momento della votazione.