Il governo è pronto ad allentare la stretta sui viaggi. Con l’ultima ordinanza anti-Covid viene chiesto ai passeggeri, in entrata e in uscita dal nostro Paese, anche se arrivano da Stati Ue, di sottoporsi a un tampone prima di salire sull’aereo. Il rischio è quello di risultare positivi poco prima di partire. Circostanza che scoraggia molti viaggiatori e che può disincentivare il turismo, in un periodo già nero per le strutture ricettive, anche a causa della variante Omicron.
A lanciare l’allarme è il presidente di Federalberghi di Roma, Giuseppe Roscioli, che a Il Messaggero spiega: «Secondo lei un turista francese tra Madrid, dove non gli chiedono il tampone, e Roma, dove invece deve affrontare un costo in più, cosa sceglie? Con questa limitazione siamo tornati ai livelli di presenze della primavera 2020. E solo a Roma hanno chiuso altri 50 hotel nell’ultimo mese, ormai sono 400 quelli che si sono arresi». A breve, però, le regole sui viaggi in entrata e in uscita potrebbero cambiare.
La durata del Green pass e i vaccini non riconosciuti
L’obbligo di test non frena soltanto il turismo ma anche chi viene in Italia per viaggi di affari o studio. Senza considerare che chi va, ad esempio, in vacanza a Lisbona per una settimana, poi si trova l’ultimo giorno di viaggio a dover cercare un laboratorio dove eseguire il test sperando che non sia positivo (altrimenti si rimane all’estero con tutti i rischi che ne conseguono, come raccontato da Open).
Problemi che il ministero della Salute, in queste settimane, ha registrato e proprio per questo motivo in queste ore si sta riflettendo sul da farsi. L’ordinanza della “discordia” scade a fine gennaio. L’idea è quella di non prorogare l’obbligo dopo il 31 gennaio, riaprendo i viaggi dall’estero senza più la richiesta di un tampone negativo. Basterà il Green pass. Però anche sulla certificazione verde anti-Covid è caos: in Italia dura sei mesi, in altri Paesi europei nove.
Dunque, un turista che viene in Italia con un Green pass valido nel suo Paese rischia di essere respinto sul nostro territorio. A questo si aggiunga che non tutti i vaccini vengono ancora riconosciuti. Sono accettati solo i cinque autorizzati da Ema. E chi si è vaccinato con il russo Sputnik V o con quelli cinesi? Così si rischia di chiudere a una parte consistente di turisti che sceglieranno, di fatto, altre destinazioni meno “problematiche”.
Il settore del turismo è in ginocchio
Secondo Federalberghi, solo a Roma nelle ultime settimane si sono persi almeno 1.000 posti di lavoro; ma il rischio è di arrivare nei prossimi mesi a 500 mila occupati in meno. Ad andare nella direzione dei viaggi senza tampone, intanto, è anche il vertice dei ministri della Salute Ue: «Servono regole uguali per tutti, non è utile che ogni Paese ne segua differenti». «La frammentazione e i messaggi discrepanti tra di noi aumentano l’incertezza, indeboliscono la fiducia nella vaccinazione e riducono il senso di accettazione delle misure di sanità pubblica e delle raccomandazioni che noi facciamo ai cittadini», ha aggiunto la commissaria Ue Stella Kyriakides.
Dunque l’Italia dovrà adeguarsi probabilmente senza, però, far passare il messaggio del “liberi tutti”. Intanto al settore del turismo, ancora una volta messo in ginocchio dal Covid, è stato «aumentato di 100 milioni il Fondo unico nazionale in aggiunta ai 120 milioni già stanziati con la legge di bilancio», ha spiegato il ministro del Turismo Massimo Garavaglia. «Ed è stata accolta la nostra richiesta di dedicare una quota (40 milioni) alla decontribuzione per i lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali».
Infine, c’è anche la proroga della cassa integrazione fino a marzo e alcune misure di sostegno per la stangata sulle bollette. Ma chi opera nel settore avrebbe preferito la sospensione del pagamento delle rate dei mutui (che non c’è stata). «L’Italia, con le regole più severe e confuse d’Europa, non sta aiutando il turismo, prima del 2024 non usciremo da questa crisi», ha concluso Roscioli.