Andrea Boccelli: “Così sono diventato cieco”

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Andrea Boccelli: “Così sono diventato cieco”

| venerdì 10 Settembre 2021 - 11:19

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Andrea Boccelli: “Così sono diventato cieco”

ROMA – Musica, un lampo nel buio di vite (quasi) parallele. Come Ray Charles, Andrea Bocelli non è nato cieco. Come il genio della musica afroamericana, il tenore più amato dal pop era affetto da un glaucoma, che gli concesse di vivere un’infanzia di luci e colori. Nel caso del piccolo Ray, la malattia si era aggravata giorno per giorno fino a togliergli la vista. Il mondo perdeva così un potenziale meccanico di precisione, passione che il bambino aveva evidenziato nei suoi primi, poverissimi passi in Georgia, ma guadagnava uno dei più grandi innovatori della musica nera. Di Bocelli, al contrario, nulla era mai trapelato sul passaggio dalla luce all’oscurità.

Un passaggio inevitabilmente doloroso e traumatico, che l’artista descrive in un romanzo autobiografico, La musica del silenzio, e sintetizza in un’intervista esclusiva a Gente. Dove si scopre che… “Sono sempre stato vivace e incontenibile. Da ragazzino amavo giocare a calcio e un giorno, durante una partita, una pallonata mi colpì proprio sull’occhio destro, l’unico dal quale riuscivo a scorgere la luce e i colori. Tentarono di curarmi attraverso varie operazioni, anche con l’applicazione di sanguisughe, ma non servì”. Prima di immergersi nell’inafferrabilità delle blue notes, Ray Charles amava gli orologi, il ticchettio, lo scatto regolare, prevedibile, metronomico degli ingranaggi.

Prima di incantare le platee di tutto il mondo e di far litigare i puristi del bel canto con i compilatori di hit parade, Andrea amava correre dietro un pallone. L’esuberanza fisica non gli mancava di certo, se la storia fosse andata diversamente forse oggi avrebbe alle spalle una buona carriera sportiva. Il glaucoma e la decisiva pallonata rubarono ad Andrea il sogno di un qualsiasi bambino italiano, per consegnarlo a una straordinaria storia di musica. Le mille biografie su Ray Charles raccontano come la malattia degenerò a partire dall’età di 5 anni, per diventare cecità irreversibile a 7. Andrea Bocelli aveva 5 anni quando la madre scoprì che l’unico modo per consolare il suo bambino dai dolori agli occhi era fargli ascoltare musica classica.

“Un piccolo giradischi bastava a rendermi sereno”. Musica come cura dell’anima, la passione per il melodramma accompagnò Andrea nel corso dei suoi studi, suggellati da una laurea in giurisprudenza. Andrea aveva ormai imparato a muovere le sue mani al buio. Le dita percorrevano i manuali braille di diritto e accarezzavano i tasti del pianoforte, finché non fu Zucchero a “vederci benissimo” assoldando la voce tenorile di Bocelli per il Miserere Tour del 1993, battezzato così dal titolo del celebre duetto tra il bluesman emiliano e il grande Pavarotti. E fu una canzone di Zucchero, Il mare calmo della sera, a sospingere Bocelli alla vittoria di Sanremo 2004 nella categoria delle nuove proposte. Canzone che, nella ibrida versione in itraliano e inglese, divenne il cavallo di Troia con cui Bocelli avrebbe violato il fortino del mercato discografico internazionale entrando poi nello stardom della musica mondiale.

Posizione suggellata con l’inserimento del nome di Andrea Bocelli nell’immortale Walk Of Fame di Hollywood, lo scorso marzo. Ma il successo, soprattutto quando giunge quasi senza volerlo e non è un disegno premeditato, cela un lato oscuro. Bocelli non fa eccezione e nell’intervista a Gente rivela per la prima volta i dettagli del suo divorzio da Enrica, madre dei suoi due figli, Amos e Matteo. Un matrimonio nato da ragazzi e sfasciatosi sotto il peso della notorietà di Andrea, una grande passione per le donne e, in questo caso, anche voglia di rivincita.”

Da giovane non ho avuto fortuna con le donne – racconta ancora a Gente – Per carattere sono portato alle passioni, ma m’innamoravo quasi sempre da solo. Mi sono rifatto strada facendo”. Come Ray Charles, che una volta star fece della sua vita leggendaria un continuo contrappunto di successi discografici e amori irrefrenabili, in sintonia con le pulsioni sessuali intrise nel dna della black music. Di certo più sorprendente ascoltare sul palco di Sanremo 2006 il solenne tenore Bocelli sussurrare “You are an angel…” all’orecchio di Christina Aguilera al termine di un duetto, quasi fosse solo con lei. Invece erano in milioni davanti alla tv. E colsero un brivido in quel complimento, rivelatore di come oltre la voce e l’artista, ci fosse anche un uomo Bocelli. Che ora si confessa attraverso La musica del silenzio.

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