Joe Biden torna a difendere la sua strategia in un’intervista con Brian Tyler Cohen, attore e opinionista con largo seguito sulle piattaforme social. «Avevamo solo queste due possibilità e naturalmente ho voluto evitare la terza guerra mondiale: ecco perché non ho inviato soldati americani in Ucraina».
Resta, però, la domanda: si poteva, si può fare di più per punire l’aggressività di Vladimir Putin? Biden risponde: «le sanzioni che abbiamo messo in campo sono le più pesanti che si siano mai viste nella storia». E aggiunge: «Avranno effetto nel tempo e costituiranno un prezzo da pagare molto alto per la Russia».
Nell’immediato, dice il leader della Casa Bianca, «Putin non ha raggiunto il suo obiettivo, che era quello di dividere la Nato. Fin dal primo momento mi sono adoperato perché l’Alleanza restasse compatta. E oggi siamo uniti e solidali». C’è un passaggio anche per Donald Trump che aveva definito Putin «un genio». «Se è per questo l’ex presidente si era autodefinito “un genio stabile”». Come dire:
se questi sono i suoi criteri… Il governo americano, scartato l’intervento militare diretto, sta ora intensificando le forniture di armi e di mezzi all’esercito ucraino, accogliendo l’appello del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Biden lo ha annunciato più volte e lo ha confermato anche nel colloquio di ieri con Tyler Cohen nello Studio Ovale: «Certamente manderemo subito più armi».
Ieri il Dipartimento di Stato ha fatto sapere che sono pronte spedizioni per un valore di 350 milioni di dollari: quasi il triplo rispetto alle consegne realizzate nel 2021. Si stanno muovendo anche i Paesi europei. Molto importante la decisione del cancelliere tedesco Olaf Scholz, comunicata via Twitter: «In questa situazione è nostro dovere aiutare l’Ucraina, nella migliore maniera possibile».
È una svolta per la Germania, che finora aveva assicurato solo assistenza umanitaria. Adesso partiranno 500 missili «Stinger» e 1000 batterie anti-carro. Infine c’è il fronte diplomatico. Gli americani stanno cercando di isolare la Russia. A Washington considerano un passo avanti la scelta della Cina di astenersi sulla mozione di condanna dell’invasione, messa ai voti venerdì 25 febbraio nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Delusione, invece, per l’atteggiamento di India ed Emirati Arabi: si sono astenuti, nonostante le pressioni americane.