Una scuola nella bufera. Gli ispettori del Miur, su diretto mandato del ministro Marco Bussetti, si sono presentati nella presidenza dell’I.C. Quasimodo di Crispano, la scuola frequentata da Giuseppe Dorice e dalla sorellina Noemi, il primo ucciso e l’altra ridotta in fin di vita dal patrigno Tony Essoubti Badre il 27 gennaio scorso. Tony e, da due settimane, la madre dei bambini, Valentina Casa, sono in carcere con l’accusa di omicidio, per Giuseppe, e tentato omicidio per Noemi, delitti aggravati dalla crudeltà. Nulla è trapelato sui risultati dell’ispezione, che è di carattere amministrativo.
Al vaglio due aspetti sui quali la scuola è stata davvero molto carente, secondo quanto accertato dalle indagini del pm Paola Izzo della Procura di Napoli Nord, diretta da Francesco Greco. Il primo riguarda la mancata segnalazione a servizi sociali e forze dell’ordine da parte del dirigente scolastico, Rosa Esca, del caso dei due bambini, che già da novembre si presentavano a scuola con ecchimosi e grossi lividi sul volto; Noemi addirittura arrivò con un pezzetto di orecchio mancante – il patrigno lo aveva chiuso tra i due battenti di una porta – medicato alla meglio. Il secondo punto, la tardiva segnalazione delle maestre di Noemi al dirigente scolastico, segnalazione avvenuta solo il 18 gennaio, pochi giorni prima della tragedia.
Eppure le due maestre, intercettate sui loro telefoni, erano a conoscenza della situazione già dai primi giorni di frequenza dei due bambini, che erano stati trasferiti a Crispano dalla scuola di Cardito. È riportato, nell’ordinanza di arresto di Valentina Casa, un passaggio terribile sulle due maestre, Francesca Cennamo e Emanuela Coscione. Scrive il gip Terzi: «Che le due sapessero e avessero ben compreso i rischi che correva Giuseppe, è accertato dalle telefonate intercorse tra loro e con alcuni familiari nelle ore immediatamente successive alla morte del bambino.
Così parla al telefono Emanuela Coscione con il fratello Mario. «lo picchiava lo picchiava a sangue». Il fratello: «Sempre?». Lei: «Sì. Io lo aveva segnalato alla preside, perché veniva tumefatto a scuola». E poi parla di «una morte annunciata». Ma quello che sconvolge di più è il racconto che fa Noemi dell’omicidio di Giuseppe e delle violenze da lei subite. La bambina, sette anni, è in ospedale. Ha gli occhi così gonfi che per vedere chi le sta di fronte deve aprire le palpebre con le dita.
«È stato papà Tony, gli ha dato la mazza della scopa dietro la schiena, ma senza la scopa. A me mi ha preso dietro l’orecchio e mi ha fatto molto male. Sì ha picchiato Giuseppe tanto tanto, l’ha preso in braccio e poi l’ha tirato contro il muro. E quando era a terra gli ha sbattuto la testa contro il muro. Poi ha preso me, mi ha portato nel bagno, mi ha messo la testa sotto il rubinetto. A volte ci metteva con la testa nel cesso (testuale) e a Giuseppe che si sporcava le mutandine gliele metteva in bocca. Lui gridava che avevamo rotto il letto.
E invece era stato lui con un calcio. Un giorno mi ha preso per l’orecchio e l’ha chiuso dentro la porta, mi sono sentita malissimo. Guardavo Giuseppe, gli usciva tanto sangue, e io pensavo che moriva. Lui ci picchiava sempre. E io lo dicevo alle maestre Camilla e Anna ma loro non chiamavano i carabinieri». «Poveri piccoli, martirizzati tra le mura domestiche e abbandonati alla loro sorte da chi ha dovuto, per ruolo istituzionale, vigilare su di loro». Cosi sintetizza il gip Antonella Terzi. Altre parole sono inutili di fronte a questo scempio.