Caso Vannini: “La vita di Martina Ciontoli è impossibile, già licenziata due volte”

di redazione

Caso Vannini: “La vita di Martina Ciontoli è impossibile, già licenziata due volte”

| martedì 12 Febbraio 2019 - 19:01

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Caso Vannini: “La vita di Martina Ciontoli è impossibile, già licenziata due volte”

I legali della famiglia Ciontoli, condannati per omicidio colposo per la morte di Marco Vannini nel maggio 2015, raccontano la vita dell’ex ragazza del giovane, Martina Ciontoli, condannata in primo e secondo grado a tre anni di reclusione. In particolare come avrebbe perso due volte il lavoro da infermiera.

“Martina Ciontoli ha perso due volte il posto di lavoro, perché era in qualche modo seguita, pedinata e i datori di lavoro hanno pensato bene a un certo punto di sbarazzarsene”. Così l’avvocato Pietro Messina, avvocato difensore dell’ex fidanzata di Marco Vannini, racconta la vita della ragazza condannata a tre anni anche in appello per omicidio colposo assieme al fratello Federico e ai genitori.

Caso Vannini: “La vita di Martina Ciontoli è impossibile, già licenziata due volte”
I legali della famiglia Ciontoli, condannati per omicidio colposo per la morte di Marco Vannini nel maggio 2015, raccontano la vita dell’ex ragazza del giovane, Martina Ciontoli, condannata in primo e secondo grado a tre anni di reclusione. In particolare come avrebbe perso due volte il lavoro da infermiera.
Omicidio Vannini, i legali della famiglia Ciontoli: “Hanno dovuto nascondersi, non vivono più”

“Martina Ciontoli ha perso due volte il posto di lavoro, perché era in qualche modo seguita, pedinata e i datori di lavoro hanno pensato bene a un certo punto di sbarazzarsene”. Così l’avvocato Pietro Messina, avvocato difensore dell’ex fidanzata di Marco Vannini, racconta la vita della ragazza condannata a tre anni anche in appello per omicidio colposo assieme al fratello Federico e ai genitori.

Martina, che all’epoca dei fatti aveva 18 anni, fa l’infermiera e ormai da tempo non vive più nella casa di famiglia a Ladispoli, dove quel maledetto 18 maggio del 2015 un colpo di pistola esploso accidentalmente da Antonio Ciontoli ha ucciso Marco. Dal momento dello sparo una sequela di bugie, omissioni, ritardi nei soccorsi, tentativi di insabbiare la dinamica dei fatti porta alla sbarra tutta la famiglia.

“I Ciontoli non possono più vivere nel loro ambiente. Hanno dovuto sparpagliarsi in tutte le località possibili per nascondersi. Non vivono più, quindi è una pena diciamo, che non è prevista dal codice, una pena aggiuntiva”, così i legali descrivono a Fanpage.it la quotidianità della famiglia alla sbarra in uno dei processi maggiormente discussi degli ultimi anni. In primo grado per il padre della ragazza era stato riconosciuto il reato di omicidio preterintenzionale, derubricato in appello a omicidio colposo con una pena passata da 14 a 5 anni di reclusione.

Una decisione che ha scatenato la rabbia della famiglia e dei genitori di Marco, che si aspettavano bel altro esito dal processo d’appello: l’accusa aveva chiesto di rivedere la posizione di tutti gli imputati, aggravando la loro posizione. Una ricostruzione che non ha convinto però il collegio dei giudici che ha al contrario accettato la tesi della difesa.

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