Franca Leosini è tornata e lo fa per affrontare un’altra storia maledetta: quella della morte di Marco Vannini – ucciso con un colpo di pistola la notte del 17 maggio del 2015 nella casa della sua fidanzata a Ladispoli – Nella prima parte dello speciale andato in onda domenica sera su Rai3 (martedì la seconda), intervista Antonio Ciontoli il padre di Martina, compagna di Marco, appartenente ai servizi segreti della Marina militare — per la prima volta in tv — che per quella morte, è stato condannato (in Appello) a 5 anni di carcere.
«Spero che un giorno i genitori di Marco possano avere misericordia e perdonarmi», ha detto il militare, in lacrime, a favore delle telecamere, dove ha anche confermato quanto detto ai magistrati e cioè che a premere il grilletto della Beretta calibro 9 è stato lui e non il figlio. Uno scherzo finito in tragedia. Come sempre da Leosini, arrivano domande chirurgiche, e con i suoi «perché?» più volte lo inchioda affinché gli alleggerimenti semantici messi in atto dall’intervistato/interrogato vengano riportati alla giusta dimensione narrativa.
«Non ci può essere “vergogna” per aver mentito ai figli e al 118, per non aver chiamato i genitori del ragazzo o per aver chiesto al medico di non dire che aveva sparato, ma “disperazione” – dice la giornalista e conduttrice con migliaia di follower (i leosiners) – non può dire di aver “rovinato” delle vite, ma le ha “distrutte”; non può dire di aver fatto delle “stupidate”, ma almeno degli “errori […] di cui il meno grave è stato sparare con un colpo in canna».
Cerca di giustificarsi Ciontoli ma Leosini lo rimette di fronte alle bugie, ai depistaggi, alle responsabilità contrapponendo alcune sue dichiarazioni con quelle opposte dei genitori di Marco al processo e soprattutto riportando Marco in scena. «Cosa le ha detto?», «Si lamentava?», «Aveva capito di essere stato colpito?», «Ricorda cosa diceva mentre si lamentava? No? Glielo ricordo io…», «Perché chiedeva scusa? – chiede Leosini a Ciontoli, «non lo so, non ho sentito, l’ho letto dalle carte, stava bene…» risponde. Leosini gli ricorda le telefonate al 118 che gridano vendetta.
«Con un’apertura di credito… totale, c’è da essere convinti che quella notte non abbia mai pensato per un attimo che da quel forellino di un centimetro e zero nove sarebbe entrata quella nera figura con falce…», lapidaria lo gela col suo stile – raffinato e glaciale- ormai noto. Ma chi ha sparato e ucciso Marco Vannini? Due sentenze di primo e di secondo grado rispondono che sia stato Antonio Ciontoli. Ora però la procura di Civitavecchia indaga su un nuovo scenario. È stato iscritto nelle registro il luogotenente Roberto Izzo, in servizio nella caserma dei carabinieri intervenuti la notte dell’omicidio: per lui l’accusa è di favoreggiamento e falsa testimonianza. (Continua……)
Secondo l’ipotesi investigativa, ancora tutta da riscontrare, a uccidere Vannini sarebbe stato Federico Ciontoli e la notte della tragedia Izzo, venuto a conoscenza di quanto accaduto, avrebbe detto ad Antonio Ciontoli di prendersi lui la colpa di tutto per coprire il figlio. Un consiglio che il carabiniere avrebbe dato a Ciontoli negli attimi concitati tra lo sparo a Vannini e l’arrivo dei soccorsi (chiamati con grande ritardo). A raccontare questo retroscena è stato Davide Vannicola, un commerciante di Tolfa, che dice di essere amico del militare che però, da Leosini, ha negato di conoscerlo («a Tolfa sono stato solo 10 anni fa»). L’intera famiglia Ciontoli è stata condannata in secondo grado per omicidio colposo: il capofamiglia a 5 anni, la moglie e i figli a 3 (in primo grado per l’ex 007 era stata pronunciata la pena di 14 anni per omicidio volontario). E adesso la vicenda è finita in Corte di Cassazione.