ROMA – Le regioni si misurano con la preparazione delle loro scuole. E nuove amministrazioni territoriali valutano se possono spostare la data della partenza delle lezioni oltre lunedì 14 settembre. Al Centro-Sud la situazione docenti-banchi-spazi è, in generale, in ritardo: molti dirigenti dicono di non essere pronti. Nella Regione Lazio l’assessore Claudio Di Berardino ha detto ai presidi: liberi tutti, decidete in autonomia. Ma il presidente, e segretario del Pd, Nicola Zingaretti non vuole concedere all’opposizione politica il vantaggio del posticipo dell’anno scolastico:
sarebbe utilizzato in questa campagna elettorale (avviata per il voto in altre regioni) così centrata sulla ripartenza della scuola e già velenosa. I presidi, in particolare l’Associazione nazionale presidi, ha ben presente la situazione nel Lazio e a Roma città metropolitana. Il suo rappresentante, Mario Rusconi, lo ha detto apertamente: “Le scuole che hanno chiesto di rinviare l’apertura sono centinaia, le domande si stanno allargando”. (Continua…)
Mancano i banchi e i docenti, soprattutto quelli di sostegno, non sono stati finiti i lavori di adeguamento: “I dirigenti non vogliono trovarsi impreparati alla riapertura e sperano che almeno dopo il 22 si possa avere un quadro di sicurezza per gli studenti”. Dopo il 22, sì, a elezioni regionali (non per il Lazio) e referendum nazionale conclusi.
Sulla questione così calda interviene anche l’associazione presidi a livello nazionale e, con il suo responsabile Antonello Giannelli, dice: “Tutto il personale scolastico è fortemente impegnato per la riapertura delle scuole, è evidente, però, che per riaprire in sicurezza è necessario che alcuni problemi vengano risolti. A quanto sappiamo, la consegna dei banchi monoposto, gli unici in grado di garantire il distanziamento, è in grave ritardo. (Continua…)
Altre due criticità importanti sono quelle delle aule, perché gli enti locali non le hanno reperite ovunque, e l’assegnazione piena dell’organico, ovvero dei docenti da assumere per assicurare il servizio”. La conclusione è: “Se queste difficoltà non troveranno immediata soluzione, è oggettivamente difficile pensare che il termine del 14 settembre sia rispettato ovunque: è opportuno valutare, sulla base di accordi tra enti locali e consigli di istituto, la possibilità di ragionevoli differenziazioni locali”.
L’effetto a catena dei ritardi ministeriali, e la presenza ingombrante di elezioni e referendum, ha già fatto spostare in avanti la riapertura in sette regioni: Friuli (il 16), la Sardegna (il 22), la Puglia (il 24) a cui si sono aggiunte la Campania, l’Abruzzo, la Basilicata e la Calabria (il 24). La questione scuola riguarda in prima persona i sindaci: saranno loro, responsabili per piccoli centri o città metropolitane, a potere (e dovere) decidere l’eventuale chiusura di un intero plesso scolastico di fronte all’insorgenza di positività.