Tutte le immagini a fine articolo. I corpi di almeno cinquanta minatori sono stati estratti dal fango: i soccorsi sono al lavoro per cercare eventuali sopravvissuti. La frana nella miniera di giada è attribuibile alle forti piogge: l’acqua si infiltra facilmente nei terreni sfiancati da continui scavi.

Nella miniera di giada, situata nel villaggio di Sate Mu, nella municipalità di Hpakant, nello stato di Kachin nel nord del Myanmar, la morte non è una novità. Il lavoro di per sé faticoso è messo a rischio dalle forti piogge che, trovando un terreno già debole, aumentano il rischio di frane. (Continua…)

Questa volta la tragedia ha coinvolto almeno 100 minatori e un numero imprecisato sarebbe ancora intrappolato. I corpi estratti dai vigili del fuoco raccontano la storia di decine di persone – molti di loro migranti a basso costo – che mettono a repentaglio la propria vita per estrarre la preziosa giada, tanto apprezzata dal mercato cinese.

Le miniere di Kachin, privilegiate dalla posizione strategica a confine con la Cina, sono altamente redditizie ma scarsamente regolamentate. I minatori cercano le pietre preziose inerpicandosi in terreni montuosi, già indeboliti da precedenti scavi. (Continua…)

Ciò comporta frane frequenti e vittime, che molto spesso provengono da comunità etniche povere. La regione è stata già teatro di un’altra grave frana nel 2016, costata la vita a 116 persone. Secondo Watchdog Global Witness nel 2014 il giro d’affari del settore ha raggiunto circa 30 mila miliardi di euro, denaro che finisce nelle casse dello Stato.

Le abbondanti risorse naturali del Myanmar settentrionale – tra cui giada, legname, oro e ambra – contribuiscono a finanziare, entrambe le parti, la guerra civile lunga decenni e che vede antagonisti ribelli ed esercito.