Nel 2001 Erika, 16 anni, e Omar, 18, uccisero con numerose coltellate la madre e il fratellino di lei. Sono stati condannati a 20 anni di carcere. Era il 21 febbraio 2001 quando la cittadina di Novi Ligure venne sconvolta da un delitto atroce. Susy Cassini e il figlio di 12 anni, Gianluca De Nardo, furono trovati morti in casa, uccisi rispettivamente da 40 e 57 coltellate. Troppi colpi, e troppo violenti, per far pensare a un sempicce tentativo di rapina. A fornire una descrizione dei presunti assassini è stata Erika, la figlia maggiore, che all’epoca aveva 16 anni. La sua freddezza nel rivivere i particolari di quella terribile notte le fece guadagnare il soprannome de “Il ghiaccio” tra gli agenti di polizia. Ma le indagini rivelarono una realtà ancora più agghiacciante: è stata Erika a uccidere la madre e il fratellino, aiutata da Omar, il suo fidanzato 18enne. I due vennero arrestati e condannati rispettivamente a 20 e 16 anni di carcere.
Dopo 11 anni di prigionia, Erika e Omar sono tornati in libertà. Una condanna troppo breve, secondo molti, data l’efferatezza del delitto. Una volta uscita di prigione, la ragazza di Novi Ligure è stata accolta dalla comunità di recupero di Don Mazzi che l’ha aiutata nel percorso di reinserimento nella società. Il sacerdote ha dichiarato di non volersi interessare alle questioni giuridiche, ma di fornire sostegno a Erika perché convinto che “la gente deve riparare dove ha fatto del male”. La ragazza ammise di avere molte difficoltà a trovare lavoro, perché c’è sempre qualcuno “che mi riconosce e mi tormenta“, disse ai microfoni de La Stampa.
Durante il percorso di riabilitazione, la ragazza aveva espresso il desiderio di partire con la comunità di Don Mazzi alla volta del Madagascar, dove avrebbe voluto prestare servizio come maestra di scuola. Ma la partenza rimase un semplice desiderio, nonostante l’approvazione del sacerdote. Oggi Erika vive nel bresciano. I suoi vicini di casa l’hanno accolta con generale benevolenza e la descrivono come una ragazza che ha sbagliato ma che ha il diritto di rifarsi una vita.
Erika ha mantenuto buoni rapporti col padre durante tutta la durata della detenzione. Subito dopo il massacro, l’ingegnere De Nardi abbracciandola aveva dichiarato: “Mi sei rimasta solo tu”. Un attaccamento che non è diminuito neppure dopo aver scoperto la verità sulla figlia. Allo scadere del sequestro per le indagini, l’uomo è tornato a vivere nella “casa degli orrori”.
Nel corso del processo, Omar, all’anagrafe Mauro Favaro, è stato descritto come un ragazzo completamente sottomesso alla volontà della sua fidanzata, in un rapporto morboso e totalitario. Omar ha agito su ordine di Erika, che gli ha intimato di accoltellare i suoi familiari per dimostrarle che la amava davvero. “Non ho provato a fermarla mi ricordo che camminava avanti e indietro nella zona della cucina.
Mi pesa il fatto di non aver avuto la forza molto prima dell’omicidio di farle capire che cosa stavamo andando a fare. L’ho aiutata nel modo più sbagliato che esiste. Io non volevo far del male a nessuno“, ha raccontato Omar a Mattino 5 dopo il suo rilascio.Durante gli interrogatori la ragazza negò tutto, affermando di aver invece visto Omar uccidere a sangue freddo la sua famiglia, senza l’aiuto di nessuno.