Eurovision, Mamhood sfiora la vittoria finale (secondo) ma vince come miglior composizione

di redazione

Eurovision, Mamhood sfiora la vittoria finale (secondo) ma vince come miglior composizione

| domenica 19 Maggio 2019 - 09:57

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Eurovision, Mamhood sfiora la vittoria finale (secondo) ma vince come miglior composizione

Ci abbiamo creduto fino alla fine e proprio alla fine al posto del nostro Mahmood l’Eurovision Song Contest è stato vinto dall’olandese Duncan Laurence con la canzone “Arcade”. Una vittoria che qui era nell’aria visto che da giorni il cantante dei Paesi Bassi era dato come favorito. Mahmood quindi con la sua bella “Soldi” ha ottenuto 465 punti complessivi dalle giurie e dal televoto indietro di soli 27 punti dal numero uno. In questo caso è giusto dire che si tratta di un’inezia. Tra l’altro è il miglior risultato del nostro paese dal 2011 quando Raphael Gualazzi a sua volta si classificò al secondo posto. Per essere precisi l’Italia si è classificata 4° per le giurie con 212 punti, mentre al televoto ha ricevuto 253 punti.

Assieme agli autori Dario “Dardust” Faini e Charlie Charles, Mahmood ha vinto il Marcel Bezençon Award per la migliore composizione. Il premio della stampa lo ha vinto ancora l’Olanda, mentre l’Artistic Award è andato all’Australia. L’Eurovision Song Contest che ieri ha vissuto la sua serata finale all’Expo Center, con l’ingaggio di Madonna come ospite d’onore della soirée ha in parte commesso autogol. In parte perché non ci saremmo aspettati tutte le “stecche” che la signora del pop ha messo in fila durante la sua performance dal vivo. Tuttavia dei quarantuno artisti in gara quest’anno, anche se presi singolarmente c’è qualche risultato discografico importante, nessuno si poteva nemmeno lontanamente avvicinare alla star della serata.

Per anni di carriera, numero di dischi venduti, premi ricevuti e un’infinità di altre ragioni Madonna stava agli artisti dell’Eurovision come Cristiano Ronaldo starebbe nei confronti dei giocatori di una squadra di serie C. Una differenza siderale che ieri per spettacolo, presenza e una “Like a Prayer” buttata lì giusto per ricordare ai giovanissimi cosa avesse fatto la signora con le trecce che scendeva dallo scalone della scenografia, era lampante.

All’Eurovision a parte casi sporadici vincono spesso canzonette buone per le suonerie dei cellulari e anche quest’anno il cliché si è ripetuto.
Tuttavia possiamo scrivere che qualche artista per il quale è valsa la pena seguire l’Eurovision c’è stato. Innanzitutto Mahmood, arrivato qui con il massimo dell’umiltà e il pezzo che ha vinto Sanremo. Vi assicuriamo che tutti i giornalisti della sala stampa, dagli ucraini ai norvegesi sino ai greci, hanno battuto le mani ogni qualvolta “Soldi” lo richiedeva e il risultato si è visto.

«E’ un gran pezzo- hanno detto in tanti – e ha permesso al vostro artista di farsi notare». Gli Hatari, islandesi, in un’epoca di spettacolarizzazione del male e dei cattivi sentimenti con i testi della “trap” che raccontano di donne, soldi e droga hanno stupito per la proposta simil-metallara, la scenografia e i costumi che li faceva assomigliare a degli zombie arrabbiati. I corpi zavorrati e costretti da cinghie borchiate si spiegano con il testo della canzone in concorso. “Hatrið mun sigra” si traduce in “L’odio prevarrà” e potrebbe sembrare un’apologia della malvagità. Il reale intento invece è quello di denunciare la “rete che fabbrica le menzogne”, quel web che crea gli “odiatori di mestiere” e soffoca il tentativo, per dirla con Jovanotti, di pensare positivo.

Un altro personaggio che qui ha ricevuto autentici boati è il rappresentante della Svizzera Luca Hanni con “She got me”. Negli ultimi anni, la confederazione ha riscosso scarso successo all’Eurovision anche se lo ha vinto, grazie alla canadese Celine Dion nel 1988, ma il modello bernese ha i suoi perché. Conosciuto soprattutto nell’Europa germanofona come vincitore del talent show tedesco “Deutschland sucht den Superstar” del 2012 il ventiquattrenne è stato scelto su un totale di 430 candidature e non sono poche. Il pezzo è un pop facile facile che accontenta i palati meno esigenti e data la vastità della platea che segue l’ESC non è difficile capirne il successo.

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