Avrebbero fatto prostituire almeno tre ragazze di nazionalità romena di 16 e 17 anni, una delle quali incinta al settimo mese, i sei indagati dalla Dda di Bari e dalla Procura per i Minorenni, tutti romeni appartenenti allo stesso nucleo familiare, ora in carcere per i reati di riduzione in schiavitù, prostituzione minorile e sequestro di persona.
I sei fermati – che vivono nel campo nomadi di San Severo a Foggia – sono una coppia, i loro tre figli (due dei quali minorenni) e una 26enne compagna di uno dei ragazzi.
Dall’indagine è anche emerso che volevano vendere per 28 mila euro il bambino che portava in grembo una delle minorenni romene ridotte in schiavitù e costrette a prostituirsi. Una delle persone finite oggi in carcere avrebbe proposto agli altri «la possibilità di vendere il nascituro ad un soggetto da lei conosciuto per la somma di 28mila euro».
Le indagini hanno consentito di accertare «come fosse prassi consolidata – spiegano gli inquirenti – quella di costringere le minori a prostituirsi anche durante la gravidanza e, davanti al rifiuto opposto dalle vittime, le stesse venivano percosse senza pietà dai rispettivi fermati preposti al loro controllo».
In una nota della Procura di Bari si parla di «una delle nuove forme di schiavitù moderna, costituita dalla riduzione e dal mantenimento in stato di schiavitù di giovani straniere, per lo più sole e non in contatto con la famiglia, tutte minorenni da adibire al mercato della prostituzione, direttamente controllato dagli stessi fermati». In due mesi di indagini sono stati raccolti i racconti delle vittime, fatti riconoscimenti fotografici, sopralluoghi, accertamenti tecnici su telefoni e social network, scoprendo «uno spaccato di cui si ignorava l’esistenza nel nostro territorio».
«Le condotte dei fermati – dicono gli inquirenti – sono connotate da allarmante gravità, attesa la loro efferatezza e il disprezzo per la vita umana dimostrati dagli indagati, soprattutto in danno di giovani vittime minorenni e dei nascituri che portavano in grembo; gli stessi hanno, pertanto, dimostrato una totale indifferenza per le condizioni di particolare fragilità delle vittime e di non possedere il benché minimo sentimento di pietà verso le stesse».