Gianluca Vialli due anni fa aveva dato la notizia di avere un cancro al pancreas, un annuncio che sconvolse totalmente il mondo dello sport e non solo. Ma oggi, il grande campione racconta che: Gianluca Vialli: A dicembre ho concluso diciassette mesi di chemioterapia, un ciclo di otto mesi e un altro di nove. È stata dura, anche per uno tosto come me. Dura, dal punto di vista fisico e mentale. Gli esami non hanno evidenziato segni di malattia. Sono felice, anche se lo dico sottovoce”.
In un’intervista ad un noto girnale, Vialli che in questo momento vive a Londra, ha parlato della sua dura malattia ma anche della sua Lombardia ferita nel cuore, spezzata dal terribile virus. Gianluca Vialli:
“Provo un senso di colpa per non essere lì, anche se le mie condizioni non lo avrebbero permesso. Penso alle persone portate in ospedale e morte sole, ai loro parenti costretti a casa, ai funerali non celebrati: è terribile. Una prova estrema, uno strazio. E resteranno enormi cicatrici affettive, morali ed economiche. La vita di ognuno cambierà e per tantissima gente è già cambiata, purtroppo” Continua…
Ha continuato l’intervista con queste parole: Vorrei che la famosa frase “quello che conta è la salute” diventasse davvero centrale. Vorrei che non accettassimo più nessun taglio alla sanità pubblica. Vorrei che non crollassero più i ponti, e che la sicurezza delle persone diventasse prioritaria. Vorrei che ci ribellassimo a queste città piene di smog che uccide: e qualcuno aveva addirittura preso in giro quella magnifica ragazzina, Greta“ E parlando della sua malattia Gianluca Vialli fa una riflessione su se stesso.
Nel mio caso è un viaggio. Un percorso di introspezione, un’opportunità. La malattia è un’esperienza di cui avrei fatto volentieri a meno, però è successo e allora cerco di metterla a frutto” E quando si è arrivato al suo argomento preferito, lo sport, Vialli risponde così: Continua…
“Lo capiremo quando tutto tornerà. E quando la bellezza dello sport e del calcio, le emozioni e i ricordi ci aiuteranno a tornare a vivere, vivere pienamente. Sarà un esercizio di piacere e bellezza: sarà stupendo. E dovremo dare più spazio alla solidarietà: non recinti più alti, ma tavoli più lunghi. Le società di calcio dovranno essere anche piattaforme di sviluppo sociale, un luogo condiviso dal quale ripartire”.
E infine lancia un appello accorato al calcio italiano:
“Si dovrebbero dimenticare gli interessi di parte e gli egoismi, anche se capisco i presidenti alle prese con una crisi mai vista. Qualcuno per forza di cose ci rimetterà. Un errore da non commettere è la fretta. Si abbia fiducia nelle competenze di quelli che se ne intendono e ci dicono cosa fare: preghiamo che lo sappiano davvero. E si torni in campo solo quando i medici e gli esperti diranno che è possibile, anche se sono io il primo a desiderarlo. Ma nel frattempo occorre un atto di responsabilità generale, al di là dell’emergenza dell’intero sistema”“