Un militare è stato pugnalato alla gola con delle forbici da un passante in Piazza Duca d’Aosta a Milano, davanti alla Stazione Centrale, nella mattinata di martedì 17 settembre. L’aggressore è stato fermato dai carabinieri poco dopo il fatto e secondo quanto trapelato, durante le fasi di fermo, avrebbe urlato “Allah Akbar”.
Tutto è accaduto poco dopo le 10.45. Secondo quanto ricostruito da MilanoToday il militare — senza alcun motivo apparente — sarebbe stato sorpreso all’improvviso alle spalle e raggiunto da due fendenti: il primo al collo e il secondo alla spalla.
L’aggressore, sembra un cittadino straniero che secondo alcuni testimoni frequenta il piazzale davanti alla Stazione Centrale, sarebbe poi scappato in direzione di via Vittor Pisani, ma è stato fermato dai carabinieri del Reggimento Lombardia. Proprio in questo frangente avrebbe urlato “Allah akbar”. Sul posto sono intervenuti anche i militari del nucleo radiomobile, i militari della compagnia Duomo, oltre le volanti della questura. Sul caso indagano gli uomini del nucleo investigativo dei carabinieri del comando provinciale che stanno passando al setaccio la vita dell’aggressore per capire se ci siano elementi che lo colleghino al terrorismo. Il militare, caporale maggiore scelto dell’esercito di 34 anni appartenente al Quinto Reggimento Alpini della Brigata Julia, è stato accompagnato in codice verde al pronto soccorso dell’ospedale Fatebenefratelli. La pugnalata gli ha provocato una ferita non profonda: l’uomo è cosciente e non corre pericolo di vita.
Con l’espressione “Allah Akbar”, letteralmente “Allah è (il) più grande”, il credente manifesta la sua professione di fede in Allah e nell’Islam. In sé è del tutto simile a espressioni come “Hallelujah” (comune a cristiani e ebrei) o “Sia lodato Gesù Cristo” (cristiani). Per questo motivo è ripetuta prima dell’inizio delle preghiere. Ma in realtà è anche un’invocazione tipica della quotidianità. L’uso politico dell’espressione si riscontra nella bandiera iraniana (22 volte, in grafica stilizzata) e in quella irachena dell’era di Saddam Hussein, durante la prima guerra del Golfo. E’ stato il titolo dell’inno nazionale libico dell’era di Gheddafi.
Un’espressione che, in sé, significa semplicemente che sopra a Dio non può esservi niente, è stata quindi politicamente strumentalizzata fino ad essere stata trasformata, nell’immaginario collettivo, in una frase associata direttamente a gesti di stampo terroristico. E’ senz’altro vero che i terroristi di matrice islamica gridino “Allah Akbar” prima di compiere un attentato, mentre non è vero che il semplice grido “Allah Akbar” equivalga a un’intenzione terroristica. Non è la prima volta che le forze dell’ordine vengono aggredite e accoltellate in Stazione Centrale a Milano: il 18 maggio del 2017 Ismail Tommaso Hosni aggredì con un coltello due militari e un agente della polizia ferroviaria che gli avevano chiesto i documenti.
Hosni è attualmente detenuto. Dopo essere stato condannato a 7 anni nel primo grado di giudizio (al netto dello sconto di un terzo della pena previsto per la scelta del rito abbreviato), in appello si è visto ridurre la pena a 5 anni e 8 mesi di carcere. La perizia psichiatrica disposta dal giudice del processo di primo grado aveva accertato il suo “vizio parziale di mente”: in sostanza, al momento di aggredire i tre componenti della pattuglia mista che lo avevano fermato per un controllo di documenti, la sua capacità di intendere e di volere “era gravemente scemata”.