Il medico di Michela Murgia: “Giovedì mi ha chiamato e mi ha detto: ora posso andare”

di Redazione

Il medico di Michela Murgia: “Giovedì mi ha chiamato e mi ha detto: ora posso andare”

| martedì 15 Agosto 2023 - 23:52

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Il medico di Michela Murgia: “Giovedì mi ha chiamato e mi ha detto: ora posso andare”

A distanza di cinque giorni dalla morte di Michela Murgia, il quotidiano “La Repubblica” intervista il medico che l’ha seguita negli ultimi mesi.

Si tratta di Fabio Calabrò, direttore di oncologia medica all’Istituto nazionale dei tumori del Regina Elena di Roma. Giovedì mattina, poche ore prima di morire, la scrittrice sarda affetta da un tumore ai reni al quarto stadio ha voluto parlargli al telefono. “Era molto presto, non l’aveva mai fatto a quell’ora – racconta il professor Fabio Calabrò – Era riuscita a dettare l’ultimo capitolo del libro sulla gestazione per altri, un lavoro al quale teneva particolarmente.

Voleva che lo sapessi, che ce l’aveva fatta. ‘Dottore, ora posso andare’, ha sussurrato. E qualche ora dopo se n’è andata. Anche se è difficile per noi che l’abbiamo conosciuta pensare che lei non ci sia davvero più”. “Da quella notte di Capodanno del 2021, quando ha rischiato seriamente di morire, Michela ha continuato a fare quello che ha sempre fatto – svela il professore – Cioè è rimasta una donna libera. Di scrivere, certo, di amare, di riempire l’esistenza di chi ha avuto la fortuna di starle accanto”.

Michela Murgia con la sua famiglia queer (Foto Instagram)

“Le ho garantito la libertà fino all’ultimo giorno, era quello che lei desiderava”

Fabio Calabrò rievoca il primo incontro con Michela Murgia. Alcuni amici portarono la scrittrice all’ospedale San Camillo di Roma “perché durante una tournée aveva mostrato segni di affaticamento”. “Non respirava bene, era molto stanca – ricorda – Mi aspettavo una donna scontrosa, polemica, forse addirittura incattivita da quello che le stava succedendo. Percepii in lei, invece, uno sguardo e una accoglienza che non mi sarei mai aspettato. Mi colpì con la sua dolcezza”. Michela Murgia chiese immediatamente al dottore quanto tempo le restasse da vivere e gli strappò una “promessa”: “Che sarebbe stata libera di rinunciare alla cura nel momento in cui le medicine le avrebbero impedito di essere quella che era sempre stata”. “Io penso che quando si dà una comunicazione corretta a un paziente le si regala la libertà – spiega Fabio Calabrò – Forse per questo ha detto che per lei sono stato un buon medico. Le ho garantito la libertà fino all’ultimo giorno. Ed era tutto quello che lei desiderava”.

Michela Murgia(Foto da video)

“Non riusciva più a muoversi, sapeva che a un certo punto avrebbe dovuto dire basta”

Il professore racconta il calvario vissuto dalla scrittrice e drammaturga sarda nell’ultima parte della sua vita: “Nelle ultime settimane non riusciva più a muoversi, ma ha continuato a dettare pagine e pagine con una lucidità incredibile. Ed è stata libera anche quando ha accettato la radioterapia, il taglio dei capelli che ha condiviso in pubblico. Aveva bisogno di conquistarsi giorni, settimane. Sapeva che a un certo punto avrebbe dovuto dire basta. Ed è andata proprio così. Quella telefonata, poche ora prima di morire, è stato il suo modo di affermare ancora una volta la sua libertà: ora ho finito, posso andare”.

Michela Murgia (Foto da video)

La famiglia: “Saviano ha accudito Michela nelle ultime ore come un fratello”

Tra quanti hanno accudito Michela Murgia nelle sue ultime ore di vita figura Roberto Saviano che durante i funerali ha speso per l’amica parole che hanno lasciato il segno sollevando un polverone specialmente in ambienti di destra. “Roberto Saviano ha accudito Michela Murgia nelle ultime, difficilissime ore della sua vita con la devozione, il coraggio e la generosità di un fratello – hanno fatto sapere il marito e i figli d’anima della scrittrice in una lettera pubblicata dal “Corriere della Sera” – Oltre ai parenti che si è scelta, nell’ora della sua morte Michela ha voluto fisicamente nella stanza con sé solo Roberto. È lui che le ha tenuto il telefono vicino alla bocca perché potesse sussurrare, in sardo, le ultime parole alla sua famiglia di origine a Cabras, è lui che ha carezzato e vegliato Michela quando molti suoi familiari d’anima, come chi scrive queste righe a nome di tuttə, erano su aerei, treni, automobili, addirittura aliscafi per tornare da lei. È a lui che Michela ha chiesto un ultimo bacio di conforto: il bacio che tutte e tutti speravamo di darle, e che lui per ognuno le ha trasmesso, come un farmaco. L’ultimo possibile farmaco. Il più benefico”.

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