“Il treno ha investito il carro funebre e l’urto ha resuscitato il morto”, la storia di un cliente con il suo avvocato

di admin

“Il treno ha investito il carro funebre e l’urto ha resuscitato il morto”, la storia di un cliente con il suo avvocato

| venerdì 27 Dicembre 2019 - 11:50

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“Il treno ha investito il carro funebre e l’urto ha resuscitato il morto”, la storia di un cliente con il suo avvocato

Ogni volta che riceveva un cliente nuovo, l’avvocato aveva un fremito di fastidio, un moto di nervosismo, una repulsione quasi istintiva per le miserie umane che avrebbe dovuto ascoltare. L’avvocato campava di piccole questioni, lui, proprio lui, che all’università aveva sognato di diventare un principe del foro. E invece si barcamenava tra questioni di poco conto, che gli sottoponevano piccoli malandrini, questioni di poco conto e piccoli malandrini che peraltro gli avevano creato un discreto giro di clienti, tutti mariuoli, tutti con le stesse questioni di debiti, sfratti, piccole questioncelle penali, furtarelli e insignificanti liti con percosse e minacce. Mai una bella questione di diritto, mai una vicenda degna di una nota su una rivista giuridica. Solo mariuoli e piccole ribalderie.

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Eccolo lì, un nuovo mariuolo, seduto di fronte a lui, con le carte in mano.
“Ditemi!” intimò l’avvocato da dietro al suo baffetto impomatato, guardando severo il modesto ometto che continuava a rigirare il pezzo di carta in mano.
“Ecco, avvocato, io volevo dire, volevo sapere, insomma voi mi dovete dire…”
“Andiamo, andiamo, cosa sono tutte queste smancerie, venite al punto.”
“Avvocato, si può cacciare di casa un morto?”
“Senti bellezza mia, ma tu oggi proprio a me dovevi venire a sfruculiare? Facciamo una cosa, mentre io chiamo la Polizia tu fai sempre in tempo ad andartene…”
L’avvocato afferrò il telefono e cominciò a comporre un numero a casaccio: non voleva chiamare la Polizia, troppe seccature e perdite di tempo. Voleva impressionare il mariuolo e farlo andare via, ma il mariuolo invece trovò il coraggio di insistere.
“Avvocato, questo è il contratto di locazione, questo è lo sfratto e questo è il mio certificato di morte. Cosa possiamo fare?”
Senza nemmeno volerlo, l’avvocato si trovò con le carte in mano: e in effetti tra queste c’era un certificato di morte.
“Ma che stai dicendo?”
“E questo, avvocato, è un articolo di giornale che parla del mio caso!” (Continua…)

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“IL TRENO INVESTE IL CARRO FUNEBRE: L’URTO FA RESUSCITARE IL MORTO
Incredibile ma vero. Cesco Cannavacciuolo, povero diavolo di un paese del Vesuviano, morto di crepacuore dopo l’arrivo dell’Ufficiale giudiziario che voleva sfrattarlo, è resuscitato mentre lo portavano al Cimitero. “Non è impossibile. E’ rarissimo, ma non è scientificamente impossibile.” Così ha dichiarato il Medico Legale investito del caso dal Pretore del luogo. Un arresto cardiaco provoca una morte apparente, e un forte shock riattiva le funzioni vitali. Ora, se voi considerate le modalità dell’incidente…”
In effetti, la bara del poveruomo era stata caricata senza fiori e senza seguito sul carro funebre comunale che si affrettava verso il cimitero per una rapida sepoltura.

All’incrocio con il passaggio a livello incustodito con la ferrovia Circumvesuviana, che per responsabilità ancora da accertare non era chiuso, il carro impegnava i binari mentre sopraggiungeva il treno. L’impatto tra treno e carro funebre era inevitabile: a segutio dellurto la bara veniva scaraventata per aria, e ricadendo in terra si apriva. Numerosi testimoni oculari riferiscono che la salma rotolava fuori, e poi veniva scossa da un tremito sempre più forte.
“Gesù” urlavano gli astanti. “Gesù Giuseppe e Maria” replicava ad un certo punto Cesco, la salma resuscitata. Tra le urla di spavento sopraggiungeva la Polizia. I solerti funzionari non potevano che constatare che il deceduto era resuscitato. Cesco Cannavacciuolo veniva trasportato di urgenza al locale Ospedale, dove veniva amorevolmente accolto e curato dalle Suore del Cuore trafitto di Gesù” (Continua…)

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“Avvocato, Cesco Cannavacciuolo sono io, e questo è il mio certificato di morte, l’ho trovato vicino all’ordine di sfratto dentro la tasca del mio vestito da morto perché nessuno mi aveva reclamato. Ora la mia domanda è questa: se io sono morto, ma sono anche vivo, come fanno a cacciarmi di casa? Perché quando io sono morto prima di resuscitare, l’Ufficiale giudiziario si è preso una tale paura che non ha finito lo sfratto. E quindi secondo i poliziotti che mi hanno portato all’ospedale, non mi possono più cacciare.”
“Gesù che razza di domanda mi fai Cannavacciuolo, e io così su due piedi mica ti posso rispondere. E questo è un caso che mi devo studiare, trattasi di questione importante, finiremo pubblicati sul Foro Campano, magari riusciamo ad arrivare anche al Digesto, o alla Enciclopedia del Diritto. Bisogna che io studi la faccenda. Ho bisogno di studio, concentrazione ed energia. Sciò, te ne mando, vatténne, torna tra tre giorni (e qui l’avvocato sorrise tra sé e sé, pensando che i tre giorni concessi al morto risuscitato nulla avevano a che fare con i tre giorni riferibili ad un’altra resurrezione sicuramente più importante) e ti dico cosa dobbiamo fare.”

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Uscito Cannavacciuolo, l’avvocato tornò verso la sua scrivania accendendosi un “sicario”: un sigaro, pensò tra sé e sé, questa sarebbe la dizione esatta in italiano, ma un avvocato importante come me, che sta per pubblicare sul Foro Campano la disamina di una questione di cotale importanza – ma che dico Foro Campano, questo è argomento da Digesto, se non da Enciclopedia del Diritto – ben potrà permettersi il vezzo di una parola in vernacolo. E fregandosi le mani per la soddisfazione, l’avvocato si sedette sulla poltrona tra le nuvole di fumo del suo “sicario”, che in italiano corrente sarebbe risultato essere un sigaro. Di: Giuseppe Caravita

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