Incidente d’auto mortale, uccise 8 ciclisti: tragedia sulle strade italiane

di admin

Incidente d’auto mortale, uccise 8 ciclisti: tragedia sulle strade italiane

| venerdì 10 Settembre 2021 - 00:05

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Incidente d’auto mortale, uccise 8 ciclisti: tragedia sulle strade italiane

Undici anni fa, senza patente, con la sua Mercedes 220, piombò su un gruppo di ciclisti amatoriali e ne uccise otto. Due rimasero gravemente feriti. Lunedì scorso Chafil Elketani, 34 anni, originario del Marocco, è uscito di strada con una Toyota Corolla, presa a noleggio e si è schiantato contro un guard rail, provocando la morte di un connazionale di 31 anni.

Lui stesso è rimasto ferito ed è ricoverato all’ospedale di Catanzaro. La procura di Catanzaro l’ha iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio stradale. Per la strage dei ciclisti, avvenuta il 5 dicembre 2010 lungo la statale 18 Tirrenica, che da Lamezia porta a Gizzeria, Elketani ha scontato cinque anni di carcere.

All’epoca non c’era ancora il reato di omicidio stradale. L’inchiesta accertò che nel momento dell’incidente il marocchino era sotto l’effetto di droghe. Nonostante fosse senza patente ritiratagli sette mesi prima dalla Prefettura di Potenza, per un’infrazione stradale – un sorpasso in un tratto di strada a striscia continua -,

Chafik Elketani ha continuato a guidare e a fare infrazioni come il sorpasso in curva, in quel tragico pomeriggio, che è costata la vita agli otto ciclisti. L’incidente di lunedì scorso è avvenuto poco dopo le 23 sulla statale 280, nei pressi di Marcellinara.

Anche in questo caso, come avrebbe accertato la polizia stradale che ha inviato un dettagliato rapporto alla procura, a causare l’incidente e la morte del connazionale, sarebbe stata l’alta velocità. Gli inquirenti hanno comunque provveduto a fare gli accertamenti del caso per capire se, anche questa volta, il marocchino avesse fatto uso di droghe.

Nipote del «Ringo» leader della comunità dei marocchini che ha il monopolio del commercio ambulante in tutta la Calabria, Chafik Elketani, subito dopo la strage dei ciclisti si era pentito e implorando il destino disse: «Perché non sono morto anch’io?».

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