Un infermiere dell’ospedale Cotugno di Napoli, vaccinato sei mesi fa con doppia dose Pfizer, è morto per Covid mentre si trovava in vacanza in Sardegna da metà luglio con tutta la famiglia. Il 63enne, in pensione da due mesi, era stato ricoverato a Sassari. Un caso sfortunato, uno dei pochissimi in cui lo scudo vaccinale viene bucato. “Non è l’unico caso di paziente vaccinato che si contagia ma i decessi sono effettivamente rarissimi” avverte Giuseppe Fiorentino, primario di Pneumologia dell’ospedale Monaldi che spiega a Il Mattino:
“Solitamente nei rari casi di infezione emergono sintomi che si fermano alle alte vie respiratorie. Gabriele Napolitano appartiene alla variabile statistica che ci dice che la protezione del vaccino, dalle infezioni severe e a volte letali, non è del 100 per cento ma del 97-98 per cento, con un calo progressivo della protezione dal sesto mese”. Certo, se tutti fossero vaccinati il virus non avrebbe modo di circolare ma la ingiustificata ritrosia a vaccinarsi di molte persone unita alla massiccia circolazione del virus finisce per alimentare i rischi di tutti. Il caso riaccende il dibattuto sull’utilità – o forse la necessità – di una terza dose di vaccino, il cosiddetto richiamo ulteriore che possa contrastare il documentato calo progressivo della protezione dal sesto mese.
Gli Stati Uniti cominceranno a distribuire ad ampio raggio le terze dosi di vaccino anti Covid a partire dal 20 settembre: l’inoculazione della terza dose di Pfizer o Moderna, spiegano i Cdc statunitensi, dovrà quindi essere effettuata otto mesi dopo la seconda. In Israele – primo paese ad aver iniziato il richiamo di massa con la terza dose di vaccino Pfizer – i dati mostrano come la pratica sia altamente efficace sulle persone oltre i 60 anni. Secondo Gianni Rezza, direttore generale della prevenzione sanitaria al ministero della Salute, per avere una risposta sulla terza dose di richiamo a tutta o parte della popolazione bisogna prima sciogliere tre nodi. E capire:
quanto dura l’immunità conferita dai vaccini; quale ruolo giocano le varianti nel ridurre l’efficacia e la durata della protezione; se sarà possibile raggiungere la cosiddetta immunità di gregge o di comunità. Al primo quesito non sappiamo ancora rispondere con certezza, visto che il follow-up delle persone vaccinate è ancora troppo breve. Il quesito relativo alle varianti è ancor più complesso poiché la variante beta (sudafricana) sembra essere la più resistente ai vaccini, ma per fortuna la sua circolazione da noi è estremamente limitata. Per quanto attiene alla variante delta (indiana), i vaccini conservano un’elevata efficacia nel proteggerci dalle forme gravi di malattia, ma non sempre sono in grado di evitare l’infezione.
Quanto all’immunità di gregge l’obiettivo sembra purtroppo tramontato visto che con la variante Delta, in un certo numero di casi, il virus può continuare a circolare tra le persone vaccinate pure in forma asintomatica. “Purtroppo i coronavirus, non solo il Covid-19, non determinano immunità per la vita – spiega in un’intervista a Il Fatto Quotidiano il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore Sanitario dell’Istituto Galeazzi di Milano – Ci si può infettare se gli anticorpi prodotti dalla guarigione si esauriscono o quando scade la copertura vaccinale” spiega. Quanto alla campagna vaccinale si è raggiunto un plateau con una media di 200mila vaccinazioni al giorno oltre cui appare difficile andare in attesa che si completi il ciclo vaccinale anche per gli studenti che a settembre torneranno a scuola.
E proprio la ripresa delle attività scolastiche e lavorative dopo l’estate apre interrogativi sul proseguo della pandemia. Ad oggi la situazione dei nuovi contagi si mostra stabile con alcune regioni che rischiano di superare le prime soglie d’allarme per l’occupazione dei posti letto in ospedale. Forte la pressione in Sicilia, l’unica regione in cui si assiste ad un aumento dell’incidenza. Cosa succederà quindi? In attesa delle decisioni del governo sulla terza dose e sull’obbligo di green pass da estendere come auspicato da Confindustria e Inps anche ai luoghi di lavoro, nel prossimo futuro assisteremo a una lenta discesa della curva epidemiologica ma poi la riapertura delle scuole, il ritorno al lavoro e alle attività in generale e l’inverno avranno il loro peso.