Jo Squillo, oltre ad essere cantautrice e conduttrice televisiva, è anche un’attivista. In un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera” ha parlato del suo impegno: “Ci battiamo per molte piaghe sociali a partire dalle donne maltrattate, discriminate, uccise
Voglio portare un po’ di impegno proprio dove la gente si aspetta di trovare la leggerezza. Al Grande Fratello ho indossato il burqa, per ricordare la situazione delle donne in Afghanistan. Sono nata in un contesto fertile: papà era un rappresentante della Candy e nel privato un artista. Ha inventato i modellini degli aeroplani e costruiva le pipe da fumo”. La cantante, si scopre, è una milanese doc da ben sette generazioni: “Mi chiamo Giovanna Maria Coletti e sono una delle ultime milanesi doc, nella nostra casa in Città Studi parlavamo in milanese. Mia madre si è occupata di me e mia sorella gemella fino a quando non siamo cresciute, poi ha cominciato a fare la rappresentante di filati”. Della sua sorella gemella dice: “Ho il naso rotto, una cicatrice, due punti in testa, ma ci volevamo un casino di bene! Eravamo dislessiche: ho scelto l’artistico, lei fotografia. Al corso di scenografia ho capito che non volevo costruire palcoscenici, ma starci sopra”.
“Ho fatto anche la cameriera, lì ho imparato l’umiltà”
Jo Squillo ammette di aver sempre sognato le luci della ribalta. “Non volevo avere un capo sopra di me. Per pagarmi gli studi, a 17 anni, facevo la commessa in una drogheria in viale Lunigiana – racconta – Nell’intervallo mangiavamo pane e mortadella di nascosto. Mi ha aiutata ad ascoltare gli altri. Ho fatto anche la cameriera. Lì ho imparato l’umiltà: la sera contavamo i tovaglioli per la lavanderia. Oggi chi conterebbe i tovaglioli sporchi…. Ho sempre vissuto osservando l’esempio di donne laboriose, quelle del famoso lavoro non riconosciuto, il lavoro di casa”. Poi arriva la svolta artistica: “Ho iniziato a frequentare il centro sociale ‘Santa Marta’. Era la fine degli anni ’70 avevo le chitarre a casa, ho cominciato a scrivere canzoni, la mia prima era ‘sono cattiva, se la sera mi gira prendo il coltello e ti stravolgo il cervello’”. Altri tempi! “Era la cultura punk – spiega – Avevo la cresta verde, già il green era nella mia testa. Scrivere quelle canzoni era un modo per parlare con la gente. Sono stata una delle prime donne che scrivevano per sé stesse, in quegli anni erano gli uomini che scrivevano per le donne”. Brani con testi shock: “Una delle canzoni che mi ha stimolato di più è stata ‘Violentami’. Una ragazza era stata violentata in metropolitana e la gente diceva che se l’era cercata. Ho voluto ribaltare la visione: noi ragazze non dovevamo essere più né vittime, né colpevoli. Ho pensato: ‘ah sì? Bene sono io che ti dico di violentarmi, ho ribaltato la logica’”.
“In famiglia solo mia nonna mi comprendeva, perché mi amava”
Jo Squillo parla della sua famiglia d’origine e svela: “Solo mia nonna mi comprendeva, perché mi amava. Mi aiutava a disegnare i primi abiti, il kilt e l’impermeabile, e a incollare le scarpe perché le volevo fluorescenti. Il mio maestro era Demetrio Stratos e la mia band le Kandeggina gang: eravamo la generazione del k. Quando arrivavamo eravamo nocive, sbiancanti come la candeggina. Pulivamo tutto così dopo ci potevi ricostruire un mondo nuovo”. Come nasce il nome d’arte Jo Squillo? “Gio è diminutivo di Giovanna e in casa avevamo il duplex: una volta per chiamare ci si metteva d’accordo con i vicini. Una linea telefonica aveva due utenze, la vicina ci gridava dalla finestra: ‘Mettete giù questo telefono!’. Con due gemelle in casa la linea era sempre occupata”. “Essere femminista per me vuol dire libertà – continua – Avevo sperimentato il maschilismo, la sera non potevo uscire perché femmina, invece io lo facevo. Sembra passato un secolo ma non è lontano il tempo in cui non si poteva rifiutare di fare sesso con il proprio marito”.
“Quando ho incontrato Sabrina ho pensato: io e lei già siamo un mondo”
Il grande pubblico inizia a conoscerla dopo il duetto con Sabrina Salerno con cui ha cantato “Siamo Donne”: “Sabrina non aveva mai cantato in italiano: era famosa in tutto il mondo, una icona pop straordinaria. All’inizio avevo pensato a un progetto di tante donne: una scrittrice, una danzatrice. Poi quando ho incontrato Sabrina ho pensato: io e lei già siamo un mondo. Per seguirmi ha accettato di cambiare il suo produttore, che era prototipo di un certo tipo di femminilità e voleva cambiassimo il testo. Dovevamo andare in giro con 10 guardie del corpo”. Come vive oggi Jo Squillo? “L’industria discografica non è facile. Essere artista dopo i 40 anni è parecchio complicato, tranne che per Orietta Berti e Iva Zanicchi. Le donne devono valere anche per il loro aspetto. L’industria favorisce il giovane perché può gestirlo. Per fortuna i ragazzi di oggi sono parecchio determinati e hanno le proprie etichette”. Poi aggiunge: “Elodie se non fosse così bella avrebbe meno successo, ne sono certa. Devi sempre far vedere, mostrare: questo agli uomini non è richiesto. La maggior parte delle acquirenti di musica sono donne e comperano la musica degli uomini”.
“Ho una figlia elettiva. Lei ha una madre, io sono la sua diversamente madre”
Jo Squillo apre una finestra anche sul suo privato: “Nella mia vita c’è Michelle, mia figlia, una figlia elettiva. Lei ha una madre, io sono la sua diversamente madre. Quando ho perso i genitori questa ragazza bellissima è entrata nella mia vita e mi ha restituito la vita”. E svela: “Faceva la modella, si alzava all’alba per prendere quattro soldi e avere la possibilità di sfilare. Ero affascinata da questa ragazza che si ‘sbatteva’. I miei genitori avrebbero sempre voluto una nipote, me l’hanno mandata loro”. Come è successo che avete deciso che eravate madre e figlia? “Un giorno che non c’era posto in ostello si è fermata a dormire da me. E non se n’è mai più andata. Una mattina in cucina mi ha detto, all’improvviso: ‘Mamma’. Mi sono messa a urlare, non doveva permettersi. Non ero pronta e sentivo di mancare di rispetto alla sua famiglia. Ma ha continuato imperterrita. Abbiamo un rapporto simbiotico: è molto affettuosa, quando non siamo insieme mi manda messaggini scrivendomi che le manco. Sta crescendo con me, come avrei fatto con i miei figli naturali, che non ho voluto per non lasciarli con la baby sitter”. Molti hanno pensato che si potesse trattare di un rapporto d’amore più che di madre e figlia: “Ma quando ci vedi insieme, capisci subito che rapporto è. Mi è venuta a trovare al ‘Grande Fratello’. Dicevo: ‘Non piangerò mai’. Per lei ho pianto”.