Parte col visto turistico, la dj Deborah De Luca fermata negli USA: “Credevo di morire”
La nota dj napoletana era sprovvista del visto per lavorare (“colpa mia, non ho avuto tempo”), necessario per gli artisti che devono esibirsi in America: “Sono stata rinchiusa in una cella obitorio e trattata come carne da macello, privata di tutti i diritti, sono stata male”.
Spiacevole disavventura quella che ha visto protagonista la dj italiana Deborah De Luca. Scritturata per alcune serate in Canada e negli Stati Uniti, l’artista di origini napoletane era entrata (“Colpa mia”, ammette lei) negli USA con il solo visto turistico e non quello per lavoro – necessario anche per gli artisti. “Sono arrivata a Chicago alle 7 di sera, dopo un lungo viaggio”, spiega la De Luca.
“Non avendo il visto per lavoro, per problemi di tempo, ho preferito tentare comunque, perché conosco il lavoro che c’è dietro una mia serata, un lavoro che va avanti per mesi, e c’è gente che fa chilometri per venire ad ascoltarmi. Meglio tagliarmi una gamba che far saltare una mia serata”.
Il racconto di Deborah De Luca
Ma a Chicago la dj è stata fermata, portata in un ufficio all’interno dell’aeroporto dove ha dovuto attendere per cinque ore una decisione dell’autorità statale. All’una di notte un funzionario le ha comunicato che non sarebbe entrata negli Stati Uniti.
“Mi hanno detto che avrei riposato in una cella, era una specie di cella frigorifera in cui ho dovuto aspettare il volo per tornare in Europa”, spiega Deborah De Luca. “Ho patito il freddo, ho preso la febbre perché dovevo stare senza scarpe. Mi hanno tolto tutto. La cella era un obitorio, luci fortissime bianche, materassini di plastica di cinque centimetri, mi sono coperta con una busta di plastica. Ero distrutta. Non sono mai trattata così, non mi hanno permesso di lavarmi o di chiamare, non avevo nessun diritto”.
L’artista si è così vista costretta ad annullare le esibizioni di Chicago, Los Angeles e Montreal. “Mi hanno solo consentito di tornare a Francoforte, mi sentivo trattata come bestiame da macello. Devo forse ringraziare Donald Trump?”, conclude l’artista.