La lettera del ragazzo italiano ucciso in Siria dall’Isis: “Dedicate la vita al prossimo”

di redazione

La lettera del ragazzo italiano ucciso in Siria dall’Isis: “Dedicate la vita al prossimo”

| martedì 19 Marzo 2019 - 08:03

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La lettera del ragazzo italiano ucciso in Siria dall’Isis: “Dedicate la vita al prossimo”

«Ciao, se state leggendo questo messaggio significa che non sono più in questo mondo. Non ho rimpianti, sono morto facendo quello che ritenevo giusto, difendendo i più deboli». Così si apre il testamento morale di Lorenzo Orsetti, il «foreign fighter» italiano che combatteva in Siria dalla «parte giusta», contro lo Stato islamico tra le file dei militari curdo-arabo-cristiani delle Forze democratiche siriane. La lettera – una consuetudine per tutti i volontari come Tekosher, questo il suo nome di battaglia che vuol dire Lottatore – prosegue con il richiamo al sacrificio estremo. «Vi auguro – scrive – tutto il bene possibile e spero che anche voi un giorno (se non l’avete già fatto) decidiate di dare la vita per il prossimo, perché solo così si cambia il mondo».

Lorenzo è morto a 32 anni per mano dei tagliagole dello Stato islamico in un’imboscata a Baghuz Tahtany, il villaggio dove è in corso l’offensiva contro l’ultima sacca di resistenza del califfato. Secondo le ricostruzioni dei militari aveva appena partecipato a un’operazione in un’area avanzata della prima linea. I terroristi di Abu Bakr al Baghdadi sono spuntati fuori, forse da un tunnel, cogliendo il reparto di Lorenzo di sorpresa:

la mattanza è stata questione di istanti. Assieme al volontario di Firenze sono morti altri quattro combattenti. L’Isis ha dapprima pubblicato la fotografia dei documenti di un italiano dichiarando di averlo ucciso durante una battaglia, poi ha diffuso la foto del corpo privo di vita di Lorenzo, il volto impolverato ma inconfondibile, i suoi occhi profondi come il mare più nobile chiusi per sempre. Nello scarno messaggio i portavoce delle bandiere nere scrivono che «il crociato italiano è stato assassinato negli scontri nella località di Baghuz».

La stessa dove l’11 febbraio è stato ferito gravemente il fotoreporter Gabriele Micalizzi, e dove ieri l’altro si è consumato l’ultimo estremo sacrificio del «Lottatore». I membri del gruppo Tekosina Anarsist (Lotta anarchica) presenti in Siria hanno salutato come un «martire» «il compagno Orsetti», descrivendolo come un «soldato incredibilmente coraggioso», «sempre l’ultimo a lasciare» il fronte. Mentre le Forze democratiche siriane scrivono di lui che è stato un grande soldato, un grande lottatore: «Nel tuo nome, Heval Tekosher, promettiamo vendetta».

Il sacrifico di Lorenzo impone a questo punto una riflessione di più ampio respiro: come mai una campagna, quella di Baghuz, che si dava per vinta da settimane continua senza soluzione di continuità? Come mai quel fazzoletto di terra tra la sponda orientale dell’Eufrate e il confine iracheno resiste con tanta ferocia e sforna jihadisti a ciclo continuo?

Più ne vengono uccisi, tra raid aerei Usa e combattimenti terresti, o arrestati, più ne spuntano fuori. Forse la gincana di numeri con la quale Trump sarebbe pronto a mantenere non più solo 200 o 400 ma mille soldati in Siria, quasi la metà del totale, dopo che tre mesi fa aveva ordinato il completo ritiro delle truppe, è legata a questa resistenza a oltranza? E vien da chiedersi: quanti jihadisti ancora si nascondono striscianti nel dedalo di tunnel sottostante a Baghuz? E ancora, questa città sotto la città dove porta? O cosa nasconde di tanto prezioso? Infine, una domanda su tutte: dove si trova il califfo?

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