Matteo Salvini riparte da qui, dalle droghe. Con il collega Lorenzo Fontana (ministro alla Famiglia) incontra una serie di comunità terapeutiche al ministero per lanciare il ddl della Lega che riscrive le norme sugli stupefacenti. Tocca con mano che le opinioni sono molto diverse e che tanti operatori non sono affatto d’accordo sulla idea di abolire il concetto di «lieve entità» del reato perché temono un immediato contraccolpo sui giovanissimi consumatori. Perciò Salvini, in esordio di conferenza stampa, mette le mani avanti: «Sulla proposta di legge della Lega – dice – su cui c’è discussione anche nell’ambito delle comunità, vorrei dire che noi non vogliamo punire i consumatori. Mi interessa la galera certa per gli spacciatori trovati in flagranza di reato. Se ti trovo con un quantitativo di droga che non è uso personale vai in carcere».
Dopodiché rilancia contro tutto e tutti. Sui «cannabis shop», ci va giù duro: «Da domani, mando la polizia. Li voglio vedere chiusi uno a uno. Ci saranno controlli a tappeto. Adesso basta, ci vogliono le maniere forti». E tanto per essere chiaro, poco dopo, al programma «Otto e mezzo» su La7, è categorico: «Sulla lotta alla droga sono pronto a litigare con i Cinquestelle, non su un sottosegretario. Se c’è qualche parlamentare che vuole lo Stato spacciatore il governo su questo può andare a casa. Non esistono droghe depotenziate, esiste solo la droga che fa male».
E così sui vari Festival della canapa, quelli che spingono per la liberalizzazione delle droghe leggere. «Le comunità su questo punto sono concordi. Che sia il cantante, l’artista, o il politico che parla, se lo Stato non fa lo Stato, e si lascia passare il messaggio che le droghe non fanno male, è devastante». Quindi, anche qui, pugno di ferro. E c’è da crederci perché parla in veste di ministro dell’Interno. «Altro che festa della canapa libera a Milano, a Pisa o Torino. La festa se la possono fare in cantina. Chiederò che siano vietate tutte. Lo Stato spacciatore non è lo Stato di cui faccio il ministro».
Sui «cannabis shop», quei negozietti che sono sorti come funghi nelle città e dove si vendono prodotti derivati dalla cannabis a bassissimo tenore di effetto psicotropo, Salvini si era scagliato già in passato. Ci torna contro di slancio. «Ci vogliono controlli. Vendono ai minorenni e questa è una vergogna.
È inconcepibile. Su questa storia degli shop sono pronto a litigare sul serio anche con gli alleati M5S. Non vorrei che ci fosse qualche parlamentare o anche qualche collega ministro che li frequenti. Pensate, ce ne uno a 100 metri da palazzo Chigi… E mi ricordo una discussione mentre si preparava la legge di bilancio, io proposi di alzargli la tassazione e qualcuno mi obiettò che così si mettevano a rischio i posti di lavoro. Per quanto mi riguarda vanno sigillati perché sono un incentivo all’uso e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Ce ne sono più di mille al di fuori di ogni regola e di ogni controllo».
Un po’ perchè il tema è perfetto per la campagna elettorale che viene, insomma, un po’ perchè l’emergenza è vera e non se ne parla più, Salvini e Fontana hanno voluto ricevere i responsabili di tante comunità. Ne è emerso un quadro preoccupante. Credits Image: Haze.Academy