La straziante lettera delle figlie di Eleonora: «Cara mamma, mi spiace che sei morta»

di redazione

La straziante lettera delle figlie di Eleonora: «Cara mamma, mi spiace che sei morta»

| lunedì 10 Dicembre 2018 - 19:41

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La straziante lettera delle figlie di Eleonora: «Cara mamma, mi spiace che sei morta»

La straziante lettera delle figlie di Eleonora rilasciata al quotidiano Il Corriere della Sera. «Questo bigliettino d’addio l’hanno scritto le mie figlie gemelle di sette anni. Mi hanno chiesto di metterlo nella bara perché così la loro mamma lo leggerà per sempre». Paolo stringe fra le mani un pezzetto di carta che trema assieme a lui. Da una parte il disegno di una bambina bionda: cuoricini, farfalle, fiori, colori. Dall’altra una cornice di cuori e di stelle e in mezzo il messaggio per Eleonora, la mamma. «Cara mamma mi dispiace che sei morta…». Paolo Curi, 43 anni, cerca invano di leggerlo fino in fondo senza lacrime. «Devo essere forte» si rimprovera. «Non posso stare qui a piangere tutto il giorno, ci sono quattro bambini piccoli che hanno bisogno di me. Devo riprendere il filo da dove l’ha lasciato lei…». Pausa. «Non ce la farò mai». «Lei», sua moglie Eleonora Girolimini, aveva 39 anni e «un milione di progetti per la testa», come dice Paolo. Venerdì sera è morta schiacciata sotto una folla di ragazzini che cercavano una via di uscita dalla discoteca diventata trappola. Erano tutti lì in grande attesa del loro idolo trapper, Sfera Ebbasta. E cinque di quegli adolescenti sono morti assieme a lei.

Che immagine le viene in mente di quei minuti? 
«Mi rivedo lì in piedi ad aspettare con mia moglie e mia figlia Gemma, la più grande, quello che ci hanno spacciato per un concerto. Gliene concediamo uno all’anno e quella era la sua serata, biglietto da 22 euro. Convocazione alle dieci di sera, ci hanno fatto entrare alle undici e mezzo e ci hanno detto che lui sarebbe arrivato forse alle due per fare una mezz’oretta di show. Vedevo arrivare sempre più ragazzi, il locale era strapieno. Era una noia aspettare ma con Eleonora ci siamo detti: ormai siamo qui, facciamole questo regalo. Poi all’improvviso ho sentito quell’odore acre che pizzicava la gola…».

E cos’è successo?
«Eleonora e Gemma erano a un passo da me, vicine l’una all’altra. Io gironzolavo nell’attesa. All’improvviso una massa di ragazzi è arrivata nella mia direzione e mi ha praticamente trascinato fuori. Non sono nemmeno cascato, sarà durato un minuto, forse due. Poi mi sono messo a cercare come un pazzo, non le vedevo più. Finché ho ritrovato Gemma che urlava: la mamma è giù. E ho visto Eleonora per terra». E ha provato a rianimarla.
«Sì. C’era un signore che spingeva sul suo petto per provare a farle ripartire il cuore. Mi ha detto di soffiarle in bocca. Ho sentito le sue labbra così fredde…».

Qual è la parola che più di tutte le ricorda Eleonora?
«Mamma. Era soprattutto una mamma, straordinaria. Ed era iperattiva, su mille fronti tutti assieme. Sembrava che duplicasse le ore fra casa, lavoro, orto, giardino. Ma i nostri quattro figli erano il suo mondo, molto più della sua vita. E infatti ha donato la sua vita per Gemma. Lei ci ha raccontato che non soltanto Eleonora le ha fatto da scudo proteggendola finché ha potuto ma anche che, quando ha capito di non riuscire più a tenerla e a farle spazio per farla respirare, l’ha spinta forte via da lei. Ha messo assieme le sue ultime forze e le ha usate per salvare la sua bambina».

Come ha raccontato agli altri bimbi ciò che è successo?
«Ci hanno pensato le psicologhe, bravissime. Alle gemelline, che si chiamano Alma e Dora, hanno raccontato tutto entrando nei particolari, anche come è stata schiacciata e perché. All’inizio quel racconto a bimbe così piccole mi ha spiazzato, poi ho capito che era la via giusta. Loro chiedono, vogliono sentire, sapere. Sono piccole ma non devono essere trattate come persone che non capiscono. Ho solo paura per Gemma, anche se lei sembra forte. Ha visto sua madre in quelle condizioni…».

Come immagina il suo futuro senza Eleonora?
«Sono ancora un po’ frastornato. Ho un dolore dentro… mi sembra tutto pazzesco. Faccio il giardiniere e adoro il mio lavoro ma ho pensato che forse lo cambierò, cercherò di trovarne uno che non mi tenga occupato e fuori casa per tante ore. Sennò come faccio a crescere i miei figli? Il più piccolo non ha nemmeno due anni. Si chiama Alessandro e adesso che lo dico ripenso a quanto ci siamo divertiti tutti assieme scegliendo il suo nome».

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