“Me lo hanno ammazzato”. Straziata dalle lacrime la moglie del carabiniere ucciso sfoga la sua disperazione fuori dalla camera mortuaria del Santo Spirito a Roma. “Lei viveva per lui, è una tragedia”, racconta un amico in lacrime. “Ancora non ci posso credere”, ripete un fratello della vittima.
Anche Mario, cugino del vicebrigadiere Mario Rega Cerciello, ha parlato all’AdnKronos: “Ci diceva di stare bene a Roma. La moglie era salita con lui, lavora in una farmacia. Stava finendo casa nel loro paese, a Somma Vesuviana, e voleva tornare per stare vicino alla madre e al fratello Paolo e alla sorella Lucia”.
“Amava il suo lavoro – racconta il cugino -. Consigliava a tutti di mettere l’uniforme, non solo alla sorella. Ha avuto conferma di essere entrato effettivo nell’Arma dei Carabinieri due giorni dopo la morte del padre, avvenuta dieci anni fa per una ischemia cerebrale, e si è sposato il giorno dell’onomastico del padre Antonio”. “Non è possibile perdere la vita per una sciocchezza, non esiste – sottolinea Mario -.
Un ragazzo di 35 anni ammazzato per un telefono. A casa tutto girava intorno a lui, era combattivo. Ci raccontava i servizi e gli arresti che faceva”. Infine Mario si sfoga anche contro le Istituzioni: “Salvini dove sta? Che dobbiamo fare con questa gente?
Un delinquente italiano non lo avrebbe nemmeno toccato. Era tanto felice, ora è finito tutto”. Presenti fuori la camera mortuaria dell’ospedale romano almeno 100 tra amici e parenti arrivati dalla Campania, regione d’origine di Mario Rega Cerciello. La donna chiede dallo Stato “giustizia e risposte per gli onesti”.
“Mario credeva in te, ma non è giusto morire così in una notte di luglio, mentre si sta facendo il proprio lavoro per gli altri. Non è giusto, ministro. Voi dovete stare dalle parte di chi fatica, dovete dare risposte agli onesti: sono loro, siamo noi che esigiamo ragione e giustizia. – chiarisce – E io, poi, come faccio adesso? Mario, il mio Mario, era lo Stato. E voi dovete stare sempre con lui. Con noi”.