Lady Diana, ecco la svolta decisiva nel giallo della sua morte. L’autista della Uno bianca per la prima volta ammette di aver provocato l’incidente che il 31 agosto 1997, sotto il tunnel dell’Alma a Parigi, stroncò la vita, a soli 36 anni, della principessa.
È FUGGITO – È rimasto un mistero fino a ora. Uno dei tanti che ancora circondano le morti della principessa Diana, del compagno Dodi Al-Fayed e dell’autista Henri Paul. (Continua…)
Si è tanto parlato di quella Uno bianca che ha speronato la Mercedes di Lady D poco prima dell’incidente mortale sotto il tunnel dell’Alma a Parigi, il 31 agosto 1997. Probabilmente era nella corsia sbagliata, cosa ci faceva lì? Aveva uno scopo, come sostengono i complottisti? E l’autista, subito fuggito, che fine ha fatto e perché non ha mai voluto parlare con la polizia britannica?
DA TASSISTA A CULTURISTA – Dietro al volante c’era Le Van Thanh, avevano scoperto gli agenti della scientifica parigina. La vernice bianca trovata sulla Mercedes coincideva con quella della sua Uno. Più volte Scotland Yard ha convocato l’allora ventiduenne di origine vietnamita che faceva il tassista. Ma lui non solo ha sempre rifiutato, ha anche sostenuto di non essere l’autista della Uno. Non ha mai proferito altra parola fino a oggi. Il giornalista Dylan Howard e l’ex poliziotto Colin McLaren sono riusciti a intervistarlo per il loro libro appena uscito: Diana: (Continua…)
case solved, anticipato dal tabloid inglese Daily Star. Per la prima volta Van Thanh ammette di aver mentito finora e di essere stato lui a speronare Diana. Non solo. Sostiene che gli agenti della polizia francese che lo trovarono e interrogarono gli consigliarono di rinunciare alla convocazione a Londra e di tenere la bocca chiusa: «Mi dissero: là hanno leggi diverse, non andare», spiega oggi Van Thanh, diventato culturista. Cosa temeva la polizia francese? L’autista non vuole svelare di più. Ma spiega anche un altro mistero. Nel 2006 il padre raccontò che Le riverniciò immediatamente l’auto facendola diventare rossa. Aveva qualcosa da nascondere, forse. Ma Van Thanh spiega: «La polizia francese sa il perché. Quando uno non ha soldi e danneggia una vecchia auto, cosa può fare?».
NON HA DETTO TUTTO – Oggi sembra più ben disposto di 22 anni fa e promette: «Se verranno da me riceverò gli agenti di Scotland Yard. So che vogliono ancora parlarmi, so che torneranno. Me lo hanno detto». Ma alle altre insistenti domande ha risposto in modo sibillino: «Vi lascio credere ciò che volete». Secondo l’autore del libro Dylan Howard, il culturista non ha raccontato tutto ciò che sa perché teme per la sua vita e quella della sua famiglia. Ma queste sue dichiarazioni sono allarmanti e sufficienti per chiedere la riapertura dell’inchiesta. È d’accordo anche l’ex corrispondetne reale della Bbc ed ex portavoce di Mohamed Al-Fayed, Michael Cole: «Queste nuove informazioni dovrebbero essere trasmesse subito alle autorità francesi e britanniche, altrimenti saranno insabbiate». Ma riaprire le indagini su una morte già indagata per tre volte, riaprendo ferite e causando nuovo dolore, sarebbe davvero la cosa giusta da fare? Tiggy Legge-Bourke, ex babysitter di William e Harry, interrogata dagli autori del libro, ha forse la risposta migliore: «Tutto questo ha un impatto molto duro sui duchi. Vorrei che finalmente tutti tacessero e dimenticassero».