Ha conquistato 20 titoli italiani su pista, ma a un passo dalle Olimpiadi di Tokyo Maila Andreotti, 25 anni, abbandona il Keirin per ritirarsi dopo 17 anni di attività (ha cominciato a 6). Fatica e sacrificio hanno temprato il carattere di questa ragazza friulana che è stata sentita dalla Procura della Federazione che indaga su episodi sconvenienti nel mondo del ciclismo.
Lei è la numero uno in Italia. «Lo ero, anche se non bastava essere la più forte». Perché? «Vorrei saperlo anche io». Cosa è successo? «Maggio 2012, avevo 16 anni. Ai pre campionati europei juniores e under 23 in Portogallo c’erano nuovi tecnici e massaggiatori. Ebbi la sensazione che Dino Salvoldi (il commissario tecnico della nazionale, ndr) trattasse le ragazze in modo diverso. Con me era professionale, con qualcuna molto più aperto». (Continua…..)
E allora? «Il marcio l’ho visto la prima volta che ho incontrato un certo massaggiatore. Mi faceva domande strane, faceva battute un po’ spinte, entrava nella mia camera senza bussare e mi diceva “spogliati” prima dei massaggi». E lei si è spogliata? «Sono rimasta in maglia e slip». Con i massaggiatori non si fa così? «No. E comunque, proprio perché lui era un uomo e io una ragazzina, avrebbe dovuto avere più tatto. Un massaggiatore normalmente entra, ti mette un asciugamano addosso e ti massaggia. Lui stava a guardarmi mentre mi spogliavo. Mi sono sentita a disagio».
Può essere solo scarsa professionalità. «No, e l’ho capito quando mi ha massaggiato solo il sedere. Mi sono lamentata con il mio allenatore dicendo che volevo l’altro massaggiatore». Non c’era una massaggiatrice? «No, nonostante alcune ragazze l’abbiano chiesto. Finita la trasferta in Portogallo, mi è stato fatto sapere che avrei dovuto farmi andare bene anche le cose che non andavano. Sono stata lasciata a casa dalla nazionale per due anni». Cosa le fa pensare che non l’abbia fatto perché i suoi risultati non erano buoni? «I risultati li avevo. Era l’unico a non voler investire sulla mia specialità e su di me». (Continua…..)
Salvoldi ha avuto atteggiamenti sconvenienti? «Diceva: “Lascia la porta della camera aperta”. E lui entrava in qualsiasi momento, che tu fossi vestita o no». Anche altre atlete si sono lamentate per lo stesso motivo? «Tra di noi, più e più volte. Ma nessuna ha voluto dirlo all’esterno». Sarà sconveniente, ma non sono vere e proprie molestie. «Io fisicamente da Salvoldi non sono mai stata molestata. Le ragazze che hanno avuto rapporti con lui erano tutte consenzienti. Io sollevo la questione psicologica, non fisica. Certe cose non vanno bene a priori». Cosa sa di altro? «Quello che era alla luce del giorno, e cioè che ha avuto relazioni con alcune atlete». Normali rapporti sentimentali, dunque. «Chiunque può innamorarsi, non è questo il problema. Lo diventa quando cominci a favorire chi è legata a te. Nel caso di una di loro, che non mi riguardava perché facevamo specialità diverse, ricordo ragazze che piangevano perché venivano lasciate da parte per una che non era la più forte. Tante hanno smesso per questo».
C’erano anche altre atlete? «Sì, scappatelle. Non ho visto con i miei occhi, erano chiacchiere tra noi ragazze». Sa di costrizioni? «Non si tratta di costrizioni. Sono molestie psicologiche, ti metteva in condizione di annullare te stessa». Non poteva essere una strategia tecnica? «Non così. Puoi spronarmi, puoi correggere i miei errori anche in maniera severa, e io voglio un allenatore che mi dica quando sbaglio e perché. Però certe offese, tipo “sei una cicciona, devi dimagrire”, “non vali niente”, non possono essere ammesse. Ha fatto di tutto per portarmi alla decisione di lasciare il ciclismo. L’avevo presa prima che scoppiasse questo putiferio». Eppure Salvoldi è il tecnico italiano più medagliato. «Non nella mia specialità. Se lui in tutti questi anni ha tenuto un comportamento che non è consono per un tecnico della nazionale è perché nessuno gli ha mai detto che era sbagliato». Il presidente della Fci, Renato Di Rocco, ha detto che c’è una email per denunciare in modo anonimo… «Ne ho sentito parlare solo in questi giorni. Nessuno ci ha mai invitato a denunciare». Ha detto queste cose in Federazione? «No. Non ho avuto modo di farlo. Tutto si è svolto molto sbrigativamente e in un clima che non ho percepito a me favorevole. Avrei voluto parlare di bullismo e di violenza psicologica». Che cosa farà ora? «A causa del ciclismo non mi sono diplomata. Ora faccio l’ultimo anno del liceo. Devo riorganizzare la mia vita». Un sogno? «Le Olimpiadi di Tokyo 2020. Resterà tale». Potrebbe ripensarci? «Con una federazione che mi rema contro, che ha usato le qualificazioni internazionali che ho ottenuto con la mia società per iscrivere altre atlete non ci penso proprio». Dopo il diploma? «Vorrei entrare in Polizia. Averi potuto farlo con i risultati sportivi, vorrà dire che farò il concorso».