Massimo Bossetti, l’ex carpentiere di Mapello (Bergamo) condannato all’ergastolo per l’omicidio della 13enne Yara Gambirasio, è al lavoro su un libro nel quale ripercorre tutte le tappe della sua vicenda giudiziaria. Dal giorno dell’arresto, nel giugno di 5 anni fa, Bossetti è dietro le sbarre: “Lo ripeto e lo ribadirò finché ne avrò le forze, non sono io la persona che ha ucciso la piccola Yara”
Bossetti ha scritto una lunga lettera a Marco Oliva, conduttore di “Iceberg” su Telelombardia: si è firmato “Massimo Bossetti, prigioniero di Stato” e continua a sostenere di non avere “minimamente idea di cosa potrebbe essere successo” a Yara Gambirasio.
Lancia anche un appello “a chi di dovere, a chi custodisce i reperti del mio caso: chiedo che venga garantita la massima custodia e conservazione, che non vengano distrutti come accaduto in altri casi, affinché un domani la mia difesa possa fare un’ulteriore accurata indagine. Il timore che possano andare irrimediabilmente distrutti è alto, basti vedere quanto è avvenuto nel caso di Rosa e Olindo... Non per niente come me sono stati allegramente condannati all’ergastolo due sprovveduti, i coniugi di Erba”.
Claudio Salvagni, legale di Bossetti, racconta al Giorno che Bossetti ha iniziato a scrivere il memoriale parecchio tempo fa, e ogni giorno scrive pagine e pagine in stampatello. “L’idea -dice Salvagni nell’intervista – è quella di un libro a quattro mani, alternandoci un capitolo io e uno Massimo. In quello che ha scritto finora Massimo ha messo non solo i fatti, ma anche i suoi sentimenti, le sue emozioni, le speranze deluse, la rabbia che prova, da innocente”.
Ma ancora non è stato trovato un editore: “Per la casa editrice che decidesse di pubblicare il libro – sottolinea l’avvocato – sarebbe una scelta di civiltà e non solo una scelta editoriale”. A inchiodare Bossetti c’è la prova del Dna. Yara Gambirasio, scomparve da Brembate di Sopra, dove abitava, il 26 novembre 2010 e venne ritrovata morta esattamente 3 mesi dopo in un campo non lontano dal suo paese.
Massimo Bossetti, “dopo aver prelevato la ragazza e averla stordita, l’ha trasportata nel campo di Chignolo d’Isola”. L’evidenza scientifica, hanno sottolineato i giudici della Cassazione, ha “valore di prova piena”. “Numerose e varie analisi biologiche effettuate da diversi laboratori hanno messo in evidenza la piena coincidenza identificativa tra il profilo genetico di Ignoto 1, rinvenuto sulla mutandine della vittima, e quelle dell’imputato“.