Tre omicidi famosi ed emblematici: il caso Melania Rea, l’infanticidio di Lorys Stival e il delitto Carretta. Tre storie che raccontano il dramma degli omicidi commessi in famiglia, nei luoghi considerati più sicuri e felici.
Ma dove invece a volte c’è solo dolore, aggressività, sopraffazione, violenza. Giovedì 26 ottobre in prima serata su Rai2 ha preso il via la serie true crime “Delitti in famiglia”, un ciclo di tre documentari condotto da Stefano Nazzi, giornalista tra i più celebri e autorevoli autori di podcast di cronaca nera.
Nel primo episodio, in onda giovedì 26 ottobre, riflettori puntati sul caso di Melania Rea (all’anagrafe Carmela).
Il caso di Melania Rea uccisa dal marito con oltre 35 coltellate
Sposata e madre della piccola Vittoria di nemmeno 2 anni, Melania Rea scompare il 18 aprile 2011 sul Colle San Marco ad Ascoli Piceno, mentre è con la famiglia. Viene ritrovata senza vita due giorni dopo in un bosco, trafitta da oltre 35 coltellate quando il termine “femminicidio” non era ancora stato coniato. Per la sua morte è stato condannato il marito, Salvatore Parolisi, ex caporalmaggiore dell’Esercito, inizialmente a 30 anni, poi ridotti a venti. Attraverso interviste esclusive agli investigatori, ai familiari di Melania, a testimoni ed esperti, grazie anche a materiale audio e video originale proveniente dal fascicolo delle indagini e repertorio inedito, Stefano Nazzi ricostruisce ogni fase dell’inchiesta. Uno spaccato della recente storia criminale italiana che dietro l’orrore svela intricati intrecci sentimentali ed emozioni terribili.
Salvatore Parolisi aveva un’amante da due anni
Tre gradi di giudizio hanno stabilito che ad uccidere Melania Rea fu il marito Salvatore Parolisi che da due anni aveva una relazione extraconiugale con la soldatessa Ludovica. Mentre erano in corso le ricerche della moglie, l’ex caporalmaggiore dell’Esercito “ebbe il coraggio di mettersi il pigiama e andò a letto”. A rivelarlo è Vittoria Garofalo, madre di Melania Rea. “Io, mio marito, tutti quanti, dormimmo vestiti. Solo lui si è messo il pigiama e andò a letto”, ha raccontato davanti alle telecamere del programma di Rai2.
Il cadavere di Melania Rea fu ritrovato grazie ad una telefonata anonima. Un uomo lo notò durante una passeggiata e contattò le forze dell’ordine. “La povera Melania era riversa a terra in un’area boschiva – racconta Roberto D’Ortona, tenente colonnello dei carabinieri – Il suo corpo era seminudo, aveva i pantaloni, gli slip e i collant abbassati fino a sotto le ginocchia. Era una condizione truculenta. Oltre ad essere deturpata dai colpi che ne causarono la morte, la vittima presentava anche delle incisioni su una coscia e sul basso ventre riconducibili vagamente a delle svastiche. Piantata sul petto aveva una siringa di insulina”.
Salvatore Parolisi assente quando è nata la figlia
I genitori della vittima appresero la notizia dalla tv. “Barbara D’Urso disse: ‘Hanno trovato il corpo di Melania Rea’”, ricorda la madre. Gennaro Rea e Vittoria Garofalo raccontano anche un aneddoto relativo al parto della figlia. “Era mezzanotte, ruppe le acque, chiamò la mamma”, dice il padre. “Io e mio marito ci siamo messi in macchina. Incominciammo a chiamare il marito. Nessuna risposta. L’ha chiamato tutta la notte ma niente”, confida la madre.
“Il dottore ci ha chiamato, ci ha incappucciato e abbiamo visto ‘sto fagottino, era nata Vittoria – aggiunge Gennaro Rea – Melania era raggiante ma allo stesso tempo imbronciata perché le telefonate che aveva fatto a suo marito non erano andate a buon fine”. “Lui disse che stava dormendo”, gli fa eco Michele Rea, fratello di Melania. “E’ venuto il giorno dopo con tutta calma senza portare un fiore”, rivela Vittoria Garofalo inorridita.
Salvatore Parolisi aveva costruito un castello di menzogne
“La dinamica dell’aggressione che abbiamo ricostruito è che la donna sia stata inizialmente colpita al dorso – interviene il medico legale Adriano Tagliabracci – Poi ha cercato di scappare, è stata raggiunta da altri colpi al dorso, poi è caduta e viene finita quando si trova in posizione supina a terra. Le incisioni non erano sanguinanti e quindi erano post mortali”.
“Il povero corpo di Melania, seppur deturpato, è stato comunque una miniera di elementi a carico del suo omicida”, il tenente colonnello D’Ortona. La relazione segreta con la soldatessa Ludovica affiora immediatamente: “Eravamo subito venuti a conoscenza di questa sua seconda vita”. Gli inquirenti capiscono subito che Salvatore Parolisi mente e che ha costruito una rete di menzogne che appare incoerente e priva di logica.
L’intervista surreale dell’ex militare a “Chi l’ha visto?”
Su Rai2 vanno in onda alcuni frame dell’intervista rilasciata da Salvatore Parolisi a “Chi l’ha visto?”. “Piangeva continuamente ma era un pianto su comando. In Salvatore ho percepito il vuoto totale”, racconta l’ex inviato Vincenzo Rinaldi. Ad un certo punto, l’ex militare si congeda così dalla trasmissione di Rai3: “Adesso devo chiedere una cortesia. Siccome ho mia figlia che mi aspetta, vorrei adempiere il mio lavoro di padre”. Gennaro Rea non riesce a dimenticare quella scena: “‘Adesso permettetemi di fare il dovere di padre’. Queste sono quelle cose che ti rimangono”. Come non riesce a dimenticare come quando al momento di pagare il funerale della moglie, disse al suocero “Ditemi quant’è la mia metà”. “Risposi: ‘La tua metà? Vattene! Voleva darmi la metà. L’ultima ‘festa’ gliela faccio io a mia figlia. Stai calmo’”, ricorda il padre della vittima.
Salvatore Parolisi potrebbe tornare libero nel 2028
Il 10 giugno 2011, a 51 giorni dal ritrovamento del cadavere di Melania Rea, Salvatore Parolisi rilascia un’intervista a “Quarto Grado”. “Ho la coscienza a posto, ogni giorno sono in balia di attacchi mediatici, quindi devo difendermi da queste cose – dice a Salvo Sottile – Melania, mi manca. Non sono stato io a ucciderla.
Non avete capito proprio niente”. Il 19 luglio 2011 l’ex caporalmaggiore dell’Esercito viene arrestato con le accuse di omicidio volontario pluriaggravato dal vincolo di parentela e crudeltà e vilipendio di cadavere. Condannato a 20 anni, grazie agli sconti di pena potrebbe tornare in libertà nel 2028.
Gennaro Rea: “Vittoria chiama ‘mamma’ mia moglie e a me ‘babbo’”
La piccola Vittoria è stata cresciuta dai nonni materni. “Vittoria mi chiama babbo – racconta Gennaro Rea – Alla nonna, sin dal primo momento, l’ha chiamata mamma.
Però lei le ha sempre detto: ‘Io sono tua nonna’. Io le ho detto: ‘Vittoria, perché a me non mi chiami papà?’. Mi ha guardato e mi ha detto: ‘Perché chiamarti papà, mi ricorda quella persona. Perciò ti chiamerò babbo’. La parola ‘papà’ le ricorda la persona che la ha tolto la mamma”. “Un giorno Vittoria che aveva 3-4 anni mi ha detto: ‘Mia mamma com’è morta?’ – prosegue –
Poi a tavola, le ho detto quello che è successo: ‘Con tua mamma e tuo padre siete andati in montagna, tu stavi dormendo in macchina, tuo padre e tua madre forse hanno avuto qualche discussione, non lo so, e hanno trovato tua madre morta. Però sappi che quando è morta tua mamma là ci stava pure tuo padre’. Queste sono state le mie parole”.
“Le possiamo dare tutto l’amore del mondo, però le mancano la mamma e il papà”
“E’ stato difficilissimo, dall’inizio siamo stati seguiti da psicologi infantili – gli fa eco Michele Rea – Ci hanno sempre detto che Vittoria doveva crescere con la verità, anche un po’ ovattata, ma la verità”. Il figlio di Michele Rea è venuto al mondo nel giorno in cui era nata Melania. “Secondo me è stato un segno”, dice oggi il fratello.
“Certe volte penso che Vittoria poteva stare con la mamma e non può starci, che dobbiamo crescerla noi – aggiunge Gennaro Rea – Le possiamo dare tutto l’amore del mondo, però le mancano la mamma e il papà. In lei vedo Melania”.
“Una volta dissi a Melania: ‘Goditi tua figlia perché se ti giri i figli si fanno subito grandi’. Non se l’è potuta godere – gli fa eco Vittoria Garofalo – Nostra figlia ci manca, però purtroppo non tornerà più. Vittoria non è mia figlia. Qualcuno mi dice: ‘Vabbè hai lei’. Avrei voluto avere mia figlia e lei”.
Nel 2018 il Parlamento ha approvato una legge a tutela degli orfani di femminicidio
“Il fenomeno della violenza contro le donne è strettamente legato alla nostra cultura – sottolinea la criminologa Margherita Carlini – Se non pensiamo ad educare gli uomini a non avere questo ruolo di potere e a mantenere questa disparità di potere tra i generi, non potremo mai pensare nel medio e lungo termine ad un mondo senza questo tipo di fenomeno”.
“La storia dell’omicidio di Melania Rea è la storia di un rapporto in cui l’ossessione del controllo, del dominio, è stata spacciata per amore – conclude Stefano Nazzi – Ma è anche la storia di come il circo mediatico sia andato alla ricerca di particolari scandalistici, di storie laterali, allontanandosi dalla realtà dei fatti e dal rispetto per la vittima.
Sono le battute sessiste a cui spesso si ride, le molestie su cui si chiude un occhio, la gelosia contrabbandata per amore, il controllo scambiato per protezione (…) L’11 gennaio 2018 il Parlamento ha approvato la legge n. 4 a tutela degli orfani di femminicidio. Vittoria, la figlia di Melania, oggi ha 14 anni e ha cambiato il proprio cognome. Si chiama Vittoria Rea”.