Il ricordo con tutte le foto a fine articolo. È morto a 74 anni il cantante Meat Loaf, il suo album «Bat Out Of Hell» è uno dei più venduti di tutti i tempi. Meat Loaf, pseudonimo di Marvin Lee Aday, era nato a Dallas il 27 settembre 1947 ed era il leader della band che porta il suo nome.
La sua vita sembra essere stata un grande dramma esagerato, costellato di aneddoti che sconfinano nella leggenda. Diede un passaggio a un autostoppista che si rivelò essere Charles Manson. L’auto su cui si trovava venne sequestrata da un ufficiale dell’Fbi che doveva raggiungere l’ospedale dove stavano portando John F. Kennedy il giorno in cui fu ucciso.
È stato colpito alla testa con un lancio del peso; è caduto varie volte dal palco, ma niente di che rispetto a quando volò dal terzo piano; gli fu diagnosticata la sindrome di Wolff-Parkinson-White (che non è l’insegna di uno studio legale) ma segnala un problema cardiaco.
Figlio di un’insegnante di scuola che lo ha cresciuto da sola dopo aver divorziato dal padre alcolizzato, un agente di polizia, era ancora un adolescente quando sua madre morì e prese il soprannome di Meat Loaf, le cui presunte origini vanno dal suo peso alla ricetta preferita di sua madre (il polpettone). Partì per Los Angeles dopo il college e presto fu il frontman della band che prese il suo nome, i Meat Loaf.
L’esordio con il primo album («Stoney & Meatloaf») risale al 1971 e gli apre le porte per il ruolo di Eddie nel «Rocky Horror Picture Show» (1975), dove canta «Hot Patootie/Bless My Soul» e interpreta il motociclista tossico a cui Frank-N-Furter (il protagonista Tim Curry) preleva parte del cervello per costruire la sua creatura.
Il successo è strepitoso ma non lo aiuta a lanciare il suo secondo album che ha una gestazione di quattro anni perché nel frattempo nessuno lo vuole pubblicare. Sarà un errore madornale per tante case discografiche tranne che per la Cleveland International Records: «Bat Out of Hell» (1977, prodotto da Todd Rundgren, le canzoni scritte da Jim Steinman) ebbe un successo commerciale incredibile: oltre 40 milioni di copie che lanciano Meat Loaf come star in tutto il mondo.
Per il brano più celebre «I’d Do Anything for Love (But I Won’t Do That)» — un titolo ironico, Farei qualsiasi cosa per amore (ma non lo farò) — vinse anche il Grammy per la migliore performance vocale. Vestito abitualmente di nero, i capelli lunghi a ondeggiare sulla testa, l’abbinamento migliore per il suo grande naso da pugile, peso over size, raffiche di chitarre, titoli di canzoni tra parentesi, il suo talento fu scostante, soprattutto a causa delle grandi liti, durate anni, con Steinman.
Ma aveva saputo mantenere un legame stretto con i suoi fan attraverso i suoi spettacoli dal vivo maniacali, i social media e le sue numerose apparizioni televisive, radiofoniche e cinematografiche: «Fight Club» con la coppia Brad Pitt e Edward Norton, «Pazzi in Alabama» con la regia di Antonio Banderas, serie tv di enorme successo come «Dr. House», «Detective Monk» e «Glee», anche in versione animata in «South Park».
Meat Loaf sosteneva che il suo album più celebre gli aveva fatto guadagnare popolarità ma non soldi: «Ho ricevuto assegni per 600 mila dollari per Bat Out Of Hell. Tutti gli altri hanno guadagnato milioni. Ricordo che io e Freddie Mercury ci scambiavamo le storie delle nostre sfighe, eravamo sempre più arrabbiati e maledivamo quei figli di puttana. Ma non porto rancore all’industria discografica e nemmeno a mio padre. Era un alcolizzato fuori di testa e quando mia madre è morta mi è venuto addosso con un coltello. Ma molti bambini hanno storie simili, pensa a tutti i genitori che uccidono i figli. Sì, ero sconvolto da quello che ha cercato di farmi, ma poi sono tornato a trovarlo. Tutto è quello che è. Nel momento in cui inizi a portare rancore, la tua vita è rovinata».