Una storia che ha dell’assurdo e che sembra non avere mai fine, tanto più se quello che è evidente agli occhi dell’opinione pubblica viene stravolto in Tribunale. E se è vero che una cosa è la legge giuridica e ben altra cosa è quella morale, è vero anche che non sempre le due parti combaciano. Nel caso di Marco Vannini, l’umanità sembra essere persa. “Non va crocifisso per un errore“, avevano sostenuto Andrea Miroli e Pietro Messina,legali di Antonio Ciontoli, condannato a 5 anni per omicidio colposo per aver sparato al fidanzato della figlia, il ventenne Marco Vannini, mentre quest’ultimo si trovava nella vasca da bagno a casa dei suoceri, a Ladispoli. Dopo la sentenza d’appello, che ha scatenato un fiume di polemiche e ha dato rilevanza al caso Vannini, di cui si parla ogni giorno in Tv e sui giornali, l’accusa ha presentato un ricorso di Cassazione.
Ma non è la sola. Anche la difesa di Ciontoli ha fatto lo stesso, per chiedere l’annullamento della sentenza di secondo grado a carico di Ciontoli. Se era chiara l’intenzione di procedere chiedendo un nuovo processo per scagionare la moglie Maria Pezzillo, la figlia Martina e il figlio Federico, condannati a tre anni per lo stesso capo d’accusa, meno palesata era l’intenzione dei legali di chiedere una revisione della sentenza che grava sul capofamiglia.
Per gli avvocati Miroli e Messina si tratta infatti di “una sentenza fortemente viziata, per cui confidiamo sull’annullamento della sentenza d’appello”. Al contrario, i Pm della Procura di Roma sostengono una condanna per omicidio volontario a carico dei Ciontoli, vista la condotta “omissiva e menzognera” che avrebbe provocato al morte del ventenne.
Infatti, se anche “le caratteristiche della ferita potevano ritenersi ingannevoli” – i Ciontoli sostengono di non aver percepito la gravità del fatto visto la conformazione della ferita, simile a una bruciatura di sigaretta – “immediatamente dopo, si sono rivelate serie, poi critiche, infine gravi”.
Per questo, “la necessità di apprestare rapidi soccorsi si palesava in tutta la sua drammaticità, apparendo, via via, sempre più probabile la realizzazione dell’evento più tragico, come dimostrato dall’evidente peggioramento delle condizioni di salute del Vannini e dalle sue grida di dolore”, si legge nelle motivazioni del ricorso. In sostanza, la gravità della situazione era evidente a tutti, ma è stata volontariamente sottovalutata. Infatti, Antonio Ciontoli “esplose colposamente un colpo di pistola che attinse Marco Vannini e ha consapevolmente e reiteratamente evitato l’attivazione di immediati soccorsi per evitare conseguenze dannose in ambito lavorativo”. Ma è stata la condotta successiva allo sparo a provocare la morte del 20enne.
Un’altra batosta per mamma Marina Conte e Valerio Vannini, il papà di Marco, che ha dichiarato: “È una vergogna, pensavamo che gli avvocati si appellassero alla Cassazione per i tre familiari, ma non per Antonio Ciontoli. Non sappiamo più cosa dire, davvero”. L’altra sera, la trasmissione “Un giorno in Pretura”, condotta da Roberta Petrelluzzi, ha ripercorso il caso Vannini, sostenendo la linea difensiva nei confronti dei Ciontoli.