La prescrizione è intervenuta come ancora di salvezza per scampare al carcere, nonostante un reato che pesa come un macigno e fagocita il futuro della vittima: pedofilia. È la via di fuga che permetterà all’ex parroco di Ceprano, Gianni Bekiaris, di non finire dietro le sbarre. Per lui niente reclusione nonostante sia stato ritenuto colpevole di abusi
sessuali su un bimbo di 8 anni. È un epilogo dai contorni discutibili, circoscritti al perimetro di una legge che lo ammette in sede giudiziaria. Gianni Bekiaris, ex parroco di Ceprano (Frosinone) è stato riconosciuto colpevole di pedofilia ma non andrà in carcere.
Accusato di violenza sessuale ai danni di un bambino, in una spirale di abusi che sarebbe iniziata nel 2005 quando la vittima aveva 8 anni, è stato prosciolto per intervenuta prescrizione. La sentenza risale al maggio scorso, e le motivazioni sono state depositate pochi giorni fa a spiegare le ragioni di un finale che suona come una beffa. Il minore frequentava la parrocchia, e all’esito delle condotte subite ha riportato traumi psicologici permanenti.
Le violenze si sono consumate in un arco temporale mostruoso: il bambino ha subito abusi dagli 8 ai 18 anni, e davanti alle carte di un’inchiesta che ha stretto il cerchio intorno al don, il Tribunale lo ha ritenuto colpevole dei fatti contestati. Una magra consolazione per la vittima, alla luce del proscioglimento cristallizzato al culmine di un iter giudiziario che fa discutere: l’intervenuta prescrizione ha salvato il prete pedofilo dal carcere, facendo cadere i capi d’accusa a suo carico nel 2019.
Se il processo si fosse concluso nel 2017, sarebbe stato condannato. Le violenze risalgono al periodo che va dal 1995 al 2005 – dimostrate in sede di giudizio – ed è quest’ultimo l’anno da cui i gudici hanno fatto decorrere il computo della prescrizione. Oggi 32enne, la vittima incassa il colpo della giustizia dopo un inferno di paura e silenzi durato praticamente una vita. Il pm aveva chiesto 7 anni di carcere, anche alla luce dei danni irreversibili causati al ragazzo.
Questi ultimi sono elemento fondante del secondo capo d’accusa (aver causato un trauma psichico irrecuperabile), ma anche in questo caso è scattato il ‘salvagente’: se la sentenza fosse stata pronunciata entro il 2017, Bekiaris sarebbe stato condannato.