Una chiusura di quindici giorni, totale, probabilmente a partire dalla prossima settimana. Sono ore di attesa in Sardegna dove il presidente della Regione, Christian Solinas, ha annunciato ieri – e ribadito oggi con decisione – l’emanazione di un’ordinanza regionale restrittiva per tentare di contenere la seconda ondata da Covid – 19. Disposizioni ribattezzate dallo stesso Solinas con un’espressione inedita, “stop & go”: pausa e ripartenza con il significato di lockdown che fa ripensare a marzo e aprile, quando però i casi sardi erano molto più contenuti.
Il documento con le nuove disposizioni dovrebbe arrivare venerdì o sabato (24 o 48 ore da sue dichiarazioni) praticamente alla vigilia delle elezioni amministrative del 25 e 26 ottobre, in un terzo dei comuni isolani. Oggi la riunione in videoconferenza, durata ore, con i capigruppo in Consiglio regionale anche d’opposizione. Per domani mattina alle 11 è previsto l’appuntamento con il Comitato tecnico scientifico. (Continua..)
Poi si deciderà: nell’ipotesi più dura, sostenuta da presidente e Comitato, si fermeranno le attività non essenziali senza limiti orari e ci sarà una contestuale “chiusura di porti e aeroporti isolani”, così si legge nella nota istituzionale. Impossibile un blocco degli scali, non avvenuto nemmeno in primavera, ma potrebbero arrivare forti limitazioni al traffico di voli e passeggeri, in accordo con il governo nazionale.
Anche se non ci sono state ancora interlocuzioni con le autorità regionali, come quella portuale. L’altra ipotesi in campo è una formula che segue quelle già operative in Lombardia, Lazio e Campania: orari di bar e ristoranti ridotti, didattica a distanza e contenimento degli spostamenti non indispensabili da comune a comune. In entrambi i casi c’è il problema economico del ristoro alle imprese più colpite (su fatturato 2019), delle risorse da recuperare ed è difficile pensare a una riapertura effettiva a novembre. (Continua..)
Le parole di Solinas arrivano dopo giorni di silenzio istituzionale con dati dei contagi in continua crescita (tra cento e duecento al giorno) e la pressione sui tre ospedali Covid. Secondo la fondazione Gimbe nell’ultima settimana l’isola è al terzo posto nazionale con 225 casi su 100mila abitanti, l’aumento è del 22,3%. Male anche i ricoveri e i malati gravi: 2,1 ogni 100mila abitanti: in tutto 236 ricoverati, 36 in terapia intensiva, 3539 in isolamento (da oggi anche nel primo hotel Covid). A Cagliari, al Santissima Trinità entro il fine settimana, verrà aperto il quinto reparto dedicato, a settembre era solo uno. Ed è diventata un’immagine simbolo quella delle ambulanze (anche quindici insieme) parcheggiate giorno e notte fuori dal Pronto soccorso, un’emergenza nell’emergenza al punto che la Protezione civile allestirà una cucina mobile e una tenda di supporto nel piazzale.
Critiche per la gestione sanitaria dall’opposizione di centrosinistra: l’allargamento dei posti non segue la curva di espansione e non ancora è accompagnata da assunzioni di sanitari. Solo due giorni fa l’ok all’assunzione di medici laureati. A saltare è soprattutto il tracciamento dei contagi, su base familiare, anche in minuscoli centri dell’interno. Alcuni sindaci avevano già deciso per chiusure più o meno totali, in autonomia e senza regìa. Ma a fine settembre l’assessore alla Sanità, Mario Nieddu, aveva accusato i primi cittadini di “creare allarmismo”. Ora si va verso nuove chiusure per tutti i sardi, anche perché secondo il presidente Solinas: “in troppi hanno abbassato la guardia e stanno sottovalutando la portata del fenomeno”.