PIACENZA – Sbotta alla fine Massimo Sebastiani in lacrime nella stanza del comando provinciale dei carabinieri. «L’ho uccisa, ho fatto una stupidaggine». Le sue manone da tornitore mulinano nell’aria sopperendo alle parole che non vengono. Rimangono strette in gola senza uscire e lasciano spazio ai singhiozzi. Le domande del comandante Michele Piras e della pm Ornella Chicca della procura piacentina si fanno insistenti ma non ottengono che gorgoglii.
Sebastiani s’impappina, si agita sulla sedia, ma per un uomo semplice qual è non è facile spiegare quel gesto orrendo che gli inquirenti ritengono sia uscito d’impeto senza una premeditazione. Alle parole, Sebastiani preferisce sostituire i gesti conducendo i carabinieri sulla macabra tomba di Elisa Pomarelli, la ventottenne consulente finanziaria che lavorava col padre e che spesso usciva con Sebastiani.
Tra i due forse un equivoco e un gioco alla fine pericoloso. Lui diceva che era la sua fidanzata, ma lei precisava sempre che il legame era solo di amicizia. E forse è proprio in questo scarto d’intenti che è maturato il delitto. Lui andava a prenderla a fine lavoro per portarla a casa e lei scendeva in fretta dall’auto quasi scappando perché Sebastiani voleva baciarla. Diceva di adorarla, ma di un amore malato, morboso e non corrisposto. Una storia che andava avanti da parecchio tempo sempre appesa a questa incomprensione di fondo dove le intenzioni e i fini non combaciavano. Una storia con presupposti troppo fragili per potersi trascinare a lungo.
Lui insisteva, la incalzava e ogni volta lei precisava il confine entro il quale doveva stare la relazione. Un confine che forse alla lunga è risultato frustrante per Sebastiani, un uomo che tutti descrivono molto istintivo, uno un po’ selvaggio, capace di arrampicarsi sugli alberi e di correre a piedi nudi nella ghiaia. Una persona di animo semplice che forse non ha saputo elaborare un legame che avrebbe voluto essere molto diverso da quella amicizia che prescindeva da un rapporto più intimo. Forse sta proprio qui la chiave del dramma. «Non c’è stata premeditazione — assicurano il comandante dei carabinieri Michele Piras e la pm Chicca — tutto fa pensare che si sia trattato di un gesto d’impeto». Forse Elisa ha respinto per l’ennesima volta gli assalti di Sebastiani ribadendo quel limite che nel pomeriggio di una domenica di agosto, dopo un pranzo, il caldo e forse qualche bicchiere, è risultato insopportabile per Sebastiani.
È questa l’unica ipotesi che sopravvive a un delitto assurdo, l’ennesimo femminicidio per motivi passionali. Francesca, la sorella della ragazza, dopo la scomparsa disse che Massimo non avrebbe mai fatto del male a Elisa perché «l’amava troppo». Ma probabilmente è stato quell’amore primitivo e morboso a far perdere la testa all’uomo incapace di assorbire l’ennesimo rifiuto. È successo tutto in quel tragico pomeriggio del 25 agosto. Massimo carica Elisa prima di mezzogiorno e insieme decidono di pranzare alla “Tana del lupo”, un’osteria sui colli poco lontano da Gropparello dove Sebastiani è conosciutissimo in quanto frequentatore di bar e locali.
La coppia mangia, poi lui e lei risalgono in macchina e qui cominciano le ipotesi. Gli inquirenti sono sicuri che non trascorre più di mezz’ora tra il pranzo e l’omicidio. Anche sul luogo non ci sono certezze, ma si ipotizza che sia avvenuto nei pressi di un vecchio pollaio vicino alla casa dell’uomo dove forse Sebastiani aveva condotto Elisa per appartarsi. Forse è nata una discussione e l’operaio, corpulento e molto forte, ha ucciso la ragazza. Poi ha scelto un luogo molto impervio dentro un bosco su un pendio ricoperto di fitta vegetazione da cui si vede la pianura come da una balconata. Lì ha scavato una buca poco profonda e ha ricoperto il corpo cercando di occultare lo scavo con il fogliame.
Poi scende più a valle per cercare di costruirsi, altrettanto ingenuamente, un alibi. Passa dal bar di Celleri, sulla provinciale per Gropparello e si fa vedere. Arriva guidando a petto nudo e coi pantaloni bagnati, particolare che insospettisce. Trascorsi pochi minuti, poco prima delle 15 si reca al distributore di Cirano, altra frazione del Comune di Gropparello, per fare benzina e al titolare del distributore dà una spiegazione non richiesta: «Volevo andare a fare un giro con la mia ragazza, ma non è voluta venire». Quindi completa il giro facendosi vedere da amici e anche in quei casi parlando senza richiesta del perché non c’è Elisa con lui.
La serata finisce con una cena in compagnia di una signora all’Antica osteria di Vigostano, un altro centro lì intorno. Un gran giro con giustificazioni tali da insospettire i carabinieri che inizialmente indagano per sequestro di persona, ma in seguito alla latitanza di Sebastiani si convincono che si sia trattato di omicidio. Scatta la caccia all’uomo, al suo rifugio nel bosco, la tana. Anche perché i carabinieri del Ris trovano tracce biologiche nel bagagliaio della Honda Civic. È la chiusura del cerchio. Dopo aver ucciso Elisa, Sebastiani ha probabilmente caricato il corpo sull’auto per consegnarlo a quella rudimentale tomba nel bosco. Una storia maledetta conclusa con il pianto tardivo di un uomo sbigottito persino da se stesso.