Tratto dal romanzo di Romain Puértolas, L’incredibile viaggio del fachiro che restò chiuso in un armadio Ikea (edito da Einaudi), la storia vede al centro la figura di Aja (Dhanush), giovane indiano della Mumbai più povera che campa di piccole truffe e furtarelli. Rimasto solo dopo la morte della madre, il ragazzo parte alla volta di Parigi con lo scopo di rintracciare il padre. Una volta arrivato nella Ville Lumière, Aja entra in un negozio Ikea, suo paese dei balocchi fin da quando era bambino (conosce a memoria tutte le collezioni dai nomi più impronunciabili).
E proprio da qui comincia l’avventura composta di un viaggio immaginifico in armadio (su un camion) verso Londra, passando poi per Barcellona, Roma (in cui incontra un’attrice che ha il volto di Bérénice Bejo) e Tripoli. Tra navi, aerei, taxi e mongolfiere, Aja cercherà in tutti i modi di tornare nella capitale francese per completare la missione di rintracciare il genitore, coronare il sogno d’amore con l’americana Marie (Erin Moriarty) e recuperare le ceneri della madre lasciate dentro un vaso Ikea.
Seppur con un messaggio importante e attuale (soprattutto in questo particolare periodo storico-politico), ovvero l’immigrazione e tutto quello che concerne la conoscenza dell’altro cercando di combattere (pre)giudizi, xenofobia o razzismo e dedicarsi alla tolleranza sociale condita con integrazione egualitaria, l’ultimo lavoro di Ken Scott convince a metà.
La fattura è molto buona sotto l’aspetto tecnico (in primis la fotografia di Vincent Mathias, fiabesca e perfettina ai limiti dell’irritante) e produttivo (hanno contribuito Francia, Stati Uniti d’America, Belgio, India e Singapore).
Ma tende a cozzare con una narrazione satura di luoghi comuni (anche se capovolti, vedi il tassista parigino truffaldino) e cliché (il poliziotto inglese durante l’interrogatorio, l’amica di Marie che “sceglie” di diventare lesbica) dove, spesso e volentieri, il ritmo del viaggio si ingolfa in una sequela di immagini-cartolina stucchevoli: persino i quartieri degradati di Mumbai sono avvolgenti e rassicuranti. (Continua…..)
Ma si sa, il film è dedicato a un pubblico adolescente e sognatore o per chi vuole concedersi novanta minuti in cui tutti i crismi della favola rocambolesca vengono saldamente rispettati. Ovviamente con morale finale che sigilla questo incredibile (reale?) viaggio.