Super Batterio Killer, si chiama New Delhi: morti in Toscana. Che cos’è, i sintomi e come si diffonde

di admin

Super Batterio Killer, si chiama New Delhi: morti in Toscana. Che cos’è, i sintomi e come si diffonde

| venerdì 06 Settembre 2019 - 21:49

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Super Batterio Killer, si chiama New Delhi: morti in Toscana. Che cos’è, i sintomi e come si diffonde

Aggiornamento del 6 settembre: la Regione Toscana ha divulgato i numeri aggiornati del contagio da New Delhi. 64 contagiati e 546 persone risultate fino ad oggi positive al batterio. È mortale fino al 70% dei casi. Decine i pazienti infettati: una fonte parla di 15 vittime. Ma l’Asl: «Non c’è uno studio sulla correlazione con i decessi». Il primario Menichetti spiega come avviene il contagio.

Da dieci mesi è una emergenza nelle corsie degli ospedali della Toscana occidentale eppure fino a pochi giorni fa era uno spettro innominabile. Da Massa a Livorno, ha colonizzato centinaia di pazienti fra quelli ricoverati negli ospedali dell’Asl Toscana nord ovest e a Cisanello; ne ha infettati più di 50, alcuni li ha perfino uccisi, ma solo mercoledì la Regione ha raccontato di aver formalizzato, con un decreto firmato il 26 luglio, un monitoraggio costante su chi entrava nei reparti con i sintomi sospetti di un’infezione killer.

Sì perché c’è un super batterio che spaventa la Toscana, un germe resistente agli antibiotici, anche a quelli di «secondo livello», che ha acceso un campanello d’allarme perfino in Europa. Un focolaio senza precedenti, «la cui origine non è stata ancora determinata». Così lo ha descritto in un rapporto del 4 giugno scorso l’Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Il dossier è il risultato delle informazioni inviate alle autorità sanitarie italiane ed europee da sette ospedali toscani dell’area nord ovest fra novembre 2018 e maggio 2019, e descrive 350 casi di pazienti positivi a un microrganismo mai riscontrato in queste proporzioni in Italia. Anzi, a colpire è un enzima, quello capace di far mutare il germe e renderlo quasi invulnerabile.Isolato per la prima volta nel 2008 in un turista svedese di ritorno dall’India, si è diffuso più volte in Europa, ma mai con queste concentrazioni in un’area così ristretta. Si chiama New Dehli metallo beta lactamase. Abbreviazione: Ndm.

Secondo il rapporto dell’Ecdc, di 350 pazienti positivi, 50 hanno sviluppato un’infezione del sangue (oggi sono 44 quelli ancora ricoverati, a stare ai dati della Regione), a 43 persone sarebbe stato riscontrato nelle urine, in 15 casi l’Ndm è stato isolato nelle vie respiratorie, in 242 avrebbe colonizzato, senza degenerare, l’apparato gastrointestinale. Per una fonte qualificata contattata dal Tirrenosarebbero circa 15 i morti causati da setticemie innescate dal super germe. Una cifra non confermata però dall’azienda sanitaria né dalla Regione. «Non è immediata la correlazione fra decessi e infezioni – dice il direttore sanitario dell’Asl Nord ovest, Lorenzo Roti – anche per via di condizioni cliniche precedenti già gravemente compromesse da altre patologie». «No – aggiunge Roti – finora non abbiamo avviato uno studio in tal senso. Non si tratta di un’epidemia con numeri troppo diversi da quelli registrati per molte infezioni ospedaliere dovute a batteri resistenti agli antibiotici che gestiamo abitualmente». Anche se adesso la Asl aumenterà «la sensibilità diagnostica dei laboratori di microbiologia per stabilire eventuali nessi di causalità».

Tutto bene insomma? Non proprio. È lo stesso Ecdc a evidenziare un «caso Toscana», e a descrivere un agente infettivo «che non risponde alle nuove combinazioni di inibitori», seppure precisi che il rischio di contagio è «limitato probabilmente a persone con recente esperienza di ricovero». I maggiori rischi di diffusione, dunque, riguardano gli ospedali. E il focolaio è ancora attivo. Ad ammetterlo è la stessa Regione nel decreto dirigenziale di fine luglio con cui prova a spiegare l’origine del contagio con due fattori: 1) «l’elevato uso di antibiotici» che provoca la resistenza dei batteri; 2) «l’incompleta applicazione di misure necessarie ad interrompere la trasmissione di microrganismi patogeni». Tanto da chiedere di attuare «misure immediate» come l’isolamento dei pazienti, la pulizia e la decontaminazione dei reparti. Il documento fornisce le istruzioni per un cocktail di 8 farmaci da usare per curare i malati. Nessuna informazione, però, sul decorso delle malattie scatenate da un germe il cui tasso di mortalità, dice Alessandro Bartoloni, direttore delle Malattie infettive a Careggi, «può variare dal 30 al 70%».

Lo stesso Ecdc parla di «alta mortalità». Neppure lo studio però spiega cosa sia successo ai pazienti infetti, precisa che il «focolaio toscano presenta un rischio di superamento dei confini e diffusione nei Paesi Ue e dell’area Euro, soprattutto perché l’area colpita è una delle principali destinazioni turistiche» in Italia. Ma il contagio, assicurano dalla Regione, ha colpito anche altri ospedali. Anzi, i casi nella Toscana nord ovest sarebbero «più numerosi» perché subito dopo «le prime segnalazioni di un trend in aumento sono scattati gli screening». Dunque, se si facessero i controlli a tappeto, tutta la Toscana potrebbe diventare un grande focolaio di New Delhi? Come spiega in questa intervista il professor Francesco Menichetti, primario di Malattie infettive a Cisanello, i sintomi di chi si ammala sono quelli tipici delle infezioni. «Febbre, può svilupparsi in polmonite, infezione urinaria o in altri tipi di setticemia». «Appena è arrivato l’allarme ci siamo attivati tempestivamente. Coloro che accedono al sistema ospedaliero vengono sottoposti a screening per verificare se siano portatori sani. Ogni misura per evitare la diffusione dell’infezione è stata attuata». Lo dichiara l’assessore regionale alla Salute, Stefania Saccardi. «Il sistema toscano – aggiunge – ha reagito per mettere la popolazione nella maggiore sicurezza possibile».

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