È possibile giocare con il tempo pur dovendo incassare 209 milioni di euro? Pare proprio di sì, a giudicare da quanto (non) sta accadendo negli uffici premi Sisal di Roma e Milano,
gli unici in cui il vincitore del Superenalotto dello scorso 13 agosto può presentarsi a riscuotere la somma che gli spetta (al netto del 12% in tasse). A confermarlo sono fonti interne all’azienda: «Nessuno si è ancora presentato a ritirare il premio. Né a Roma né a Milano».
Trattandosi di un importo superiore ai 52 mila euro, «la ricevuta della giocata vincente – si legge sul sito – può essere presentata entro e non oltre il 90° giorno solare dal giorno successivo all’estrazione». Tradotto: la scadenza è fissata per il 14 novembre. Se non verrà rispettata, l’intera cifra finirà nelle casse dell’Erario.
Che il fortunato abbia smarrito la schedina? Che non si sia reso conto di avere vinto? Che si trovi ancora in ferie? Impossibile saperlo. Anche perché ad oggi, a quasi un mese dall’avvenimento, la sua identità resta ancora ignota a tutti. Perfino ai gestori del bar «Marino» di Lodi, nel cui sistema automatico Quick Pick è stata elaborata la sestina «dalle uova d’oro», costata soltanto 2 euro.
«In tutti questi anni – spiegano dalla Sisal – la massima attesa per reclamare un jackpot (il premio derivante dall’agognato «sei» ndr) è stata di 59 giorni. In questo senso, abbiamo rilevato come non esista alcuna correlazione tra l’entità della vincita e la velocità della sua riscossione. Dipende da soggetto a soggetto».
Di certo il mancato incasso dei 209 milioni avrebbe del clamoroso, considerato che si tratta del montepremi più alto della storia del gioco. Capita invece di frequente che non vengano reclamati importi più modesti, per un totale di oltre 350 milioni tra Lotto e lotterie negli ultimi dieci anni.