Il Tesoro esclude un rinvio al 30 settembre. Da lunedì versamento di imposte e contributi sulla base della dichiarazione dei redditi per partite Iva e soci di società. Ma la protesta dei commercialisti potrebbe portare a uno sciopero.
Nessun rinvio a settembre
Proposta bocciata. Nessuna proroga al pagamento delle tasse. Da lunedì si paga. È lo stesso ministero dell’Economia a sbarrare la strada all’ipotesi di un rinvio del pagamento delle tasse al 30 settembre 2020. Tutto nasce dall’eccezionalità di quest’anno che, causa pandemia, ha visto slittare le scadenze di giugno al 20 luglio. Il punto è che luglio è già di per sé un mese carico di adempimenti: lo slittamento di giugno ha fatto sì che negli ultimi 15 giorni di questo mese saranno 246 le scadenze a cui adempiere. Troppe in troppo poco tempo. Per questo i commercialisti italiani da settimane invocano il rinvio al 30 settembre almeno per la dichiarazione dei redditi e per il pagamento Irap. Proroga che è stat rigettata perché secondo gli uffici del ministero dell’Economia lo slittamento dal 30 giugno al 20 luglio è più che sufficiente. Inoltre il rinvio a settembre avrebbe bloccato un flusso di tributi di circa 8,4 miliardi di euro. Troppo per le casse boccheggianti di questa fase.
La giornata del 20 luglio, un lunedì da incubo
Nella giornata del 20 luglio ci sarà una particolare concentrazione di adempimenti per gli imprenditori. Si va dal pagamento del diritto annuale alla Camera di Commercio, all’imposta di bollo sulle fatture elettroniche emesse nel 2° trimestre per importi superiori a 1.000 euro. E poi versamento delle imposte e contributi previdenziali e assistenziali sulla base della dichiarazione dei redditi per titolari di partita iva e soci di società. Scadenze originariamente previste il 30 giugno, come detto prima. Il 27 luglio bisogna trasmettere gli elenchi Intrast del II° trim. 2020 e mensili di giugno 2020. Il 30 luglio scade il versamento delle imposte dovute sulla base della dichiarazione dei redditi soggetti diversi dai titolari di partita iva con maggiorazione dello 0,4% . Infine, il 31 si chiude il mese con il botto: presentazione del modello per il rimborsi Iva trimestrale e quello per le operazioni effettuate con l’estero nel II° trimestre 2020.
A settembre si ricomincia
E a settembre la situazione non sarà migliore, anzi, tutt’altro, anche perché precedute Di mezzo dalle scadenze di agosto. Infatti, il 20 del mese in genere riservato al riposo estivo scadono i 30 giorni per versare con la sola maggiorazione dello 0,4% le imposte rinviate al 20 luglio. Il 16 settembre poi occorrerà procedere al versamento dei contributi precedentemente sospesi per il Covid-19; la rata delle imposte e contributi dovuti per la dichiarazione fiscale, imposte e contributi mensili, iva mensile. Poi, a fine mese, giorno 30, scadono il pagamento delle somme iscritte a ruolo sospese fino ad agosto 2020 e la presentazione dei modelli 730. Insomma, una tempesta perfetta creata dai rinvii causati dalla pandemia e dal solito calendario fiscale che ogni anno non riesce a trovare pace.
La protesta dei commercialisti
Erano stati proprio i commercialisti a spingere per un rinvio al 30 settembre per due ragioni: mancanza di liquidità tra imprese e contribuenti ed enorme mole di adempimenti da evadere. È vero, come sostiene il ministero dell’Economia, che c’era già stata una proroga ma durante il lockdown i professionisti sono stati impegnati nella gestione di milioni di pratiche riguardanti i contributi a fondo perduto, il bonus alle partite iva, le procedure per la cassa integrazione. Tutto tempo sottratto ai normali adempimenti fiscali. Ecco perché veniva richiesto un supplemento temporale.
« L’anno scorso — ricorda Massimo Miani, presidente dei commercialisti italiani — è bastato un ritardo della PA nell’elaborazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) perché venisse disposta una proroga di tre mesi (al 30 settembre 2019) per i versamenti delle imposte sui redditi e IRAP risultanti dalle dichiarazioni. Quest’anno la pandemia da Covid-19, due mesi di lockdown e la più grande crisi economico-finanziaria dal dopoguerra ad oggi non sono bastati per fare come minimo altrettanto». Ecco perché qualcuno ipotizza adesso forme di protesta eclatanti che potrebbero sfociare in uno sciopero della categoria.