VASTO. Truffa all’italiana in riva al mare istoniense. Fingendosi amministratore e amico del sindaco, assegna in cambio di denaro un pezzo di spiaggia. Ora rischia di finire dietro le sbarre. La vicenda cinematografica di Totò e Peppino che nel ruolo di due abili truffatori erano riusciti a vendere la fontana di Trevi ha fatto sorridere tre generazioni.
Una storia che pare irreale e invece a Vasto C.P., affabile e abile sessantenne locale, li ha imitati. Scoperto e denunciato è finito davanti ai giudici del tribunale di Vasto. C.P., è stato condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione per truffa aggravata. L’uomo, difeso dall’avvocato Fiorenzo Cieri – che è riuscito a far ridurre di un anno la pena richiesta – aveva garantito a una coppia l’assegnazione di una concessione balneare con un documento falso e falsamente protocollato.
Ha anche incassato 22mila euro a titolo di caparra. Il raggiro, però, è stato scoperto quando sono state ufficializzate le reali assegnazioni. Facile immaginare la reazione degli aspiranti imprenditori balneari truffati. La vicenda è cominciata nel 2011. In quel periodo in municipio si discuteva delle nuove assegnazioni balneari. Una coppia M.D. e R.L. era interessata all’ottenimento di una pezzo di spiaggia. C.P. lo viene a sapere e si spaccia per un componente dell’amministrazione comunale. L’uomo racconta di essere molto amico del sindaco e dei dirigenti comunali e si offre di redigere per conto della coppia la domanda di assegnazione negli uffici preposti.
Stando al capo di imputazione riesce, probabilmente con una fotocomposizione, a redigere un atto falso. Su quel documento fa risultare che è stato apposto un timbro di ricevuta del Comune sulla domanda di partecipazione alla gara per l’assegnazione di una concessione balneare. La truffa prosegue con una falsa certificazione della domanda protocollata. «Allettando la coppia», si legge nel capo d’imputazione, «circa la possibilità di ottenere l’agognata concessione attraverso le proprie conoscenze in seno all’amministrazione comunale, afferma di poter far ottenere finanziamenti a fondo perso per l’imprenditoria femminile».
C.P con un ulteriore raggiro fa firmare a M.D. una domanda di partecipazione alla gara riconsegnando il giorno dopo una copia con il timbro dell’ufficio protocollo del Comune. Subito dopo, assicurando che l’assegnazione è certa, chiede 22mila euro da versare nelle casse comunali a titolo di deposito per la partecipazione alla gara. La somma gli viene consegnata ma la concessione non c’è. Il finto amministratore dovrà anche riconsegnare la somma e risarcire le vittime del danno.