Se da noi, e in generale in Europa, della terza dose si sta ancora parlando negli Stati Uniti da qualche settimana è già diventata realtà.Come riportato dai media americani, infatti, la possibilità di una terza inoculazione (che negli States chiamano “booster”) sarà disponibile per chi si è vaccinato da almeno otto mesi con un vaccino mRNA come Pfizer o Moderna.
L’inizio della distribuzione è già previsto ufficialmente per il 20 settembre, quindi fra poco più di una settimana, ma sono diversi gli americani che – a partire dal 13 agosto – sono già stati eccezionalmente tri-immunizzati a causa delle loro delicate condizioni di salute.
Se per le prime due dosi gli effetti collaterali sono perlopiù quelli che conosciamo – ovvero dolore al braccio, spossatezza, mal di testa, febbre e dolori muscolari – per quanto riguarda la terza i dubbi ancora ci sono.Visto che per diversi la seconda vaccinazione è stata più “pesante” della precedente la preoccupazione – tanto per chi si deve vaccinare, quanto per la medicina in senso lato – è che la terza “segua” questa tendenza, e sia ancora peggiore delle due precedenti.
Secondo le prime informazioni, ma si parla di poche settimane di somministrazione limitata, di escalation non dovrebbe trattarsi: con sintomi «simili all’influenza», scrive un rapporto del Centers for Disease Control americano che parla di «spossatezza, dolori muscolari localizzati» e altri sintomi «dal lieve al moderato».
Ripercussioni più gravi «sono possibili ma molto rare».L’occhio della scienza sarà sicuramente focalizzato su due degli effetti collaterali più importanti di cui si è più parlato dall’inizio della campagna vaccinale: ovvero le miocarditi e la formazione di coaguli nel sangue.
Secondo gli esperti della Northwestern University Feinberg School of Medicine, sentiti dal magazine Fortune, queste eventualità dovrebbero essere monitorate accuratamente, soprattutto nei giovani, nel caso il richiamo vaccinale diventasse un appuntamento periodico e prolungato nel tempo.