Il suo ricordo e le relative foto a fine articolo. “Sono diventato attore perché sono stato in un campo di concentramento”. Se n’è andato a 100 anni Gianrico Tedeschi, uno dei volti più popolari del teatro, della tv e del cinema italiano. Aveva iniziato proprio tra le baracche dei lager nazisti a recitare, poi aveva attraversato come una cometa luminosa il cielo dello spettacolo nostrano in settant’anni di carriera appena festeggiati.
Commediante nel senso più ampio del termine. Interprete di rango, intenso e volitivo per la prosa più classica. Attore buffo e stralunato quando si è trattato di attraversare la pubblicità su piccolo schermo (le chicche surreali per gli spot Sperlari sono da antologia). Mattatore assoluto e brillante nei momenti leggeri e tragicomici dei programmi tv e nella radio degli anni sessanta-settanta. (Continua….)
Tedeschi era nato nel 1920 a Milano. Abbandonò gli studi universitari alla Cattolica per partecipare come ufficiale alla campagna di Grecia, ma dopo l’8 settembre venne catturato a Volos dai nazisti e internato nei campi di concentramento. “Mi catturarono dopo due anni che ero in Grecia, due anni trascorsi in un’inutile, buffonesca caccia a partigiani greci che non si trovavano mai”. Tedeschi infatti dimostrò sul campo uno scetticismo antimilitare e un antifascismo risoluto tanto che
al momento dell’internamento nei lager venne bollato come prigioniero Imi, denominazione non per generici prigionieri di guerra ma per i “traditori”. Rimase internato, in mezzo alla fame e alla paura, per due anni in diversi lager: Beniaminovo, Sandbostel, Wietsendorf. Tedeschi aveva con sé due testi di Pirandello e Gli Spettri di Ibsen, e fu a Sandbostel, dove ai prigionieri era permessa qualche attività ricreativa, che recitò nei panni del protagonista dell’Enrico IV pirandelliano, variante del testo shakespeariano, dramma della follia e dell’autoisolamento tra le barbarie dei lager. Tedeschi visse la prigionia assieme a diversi ex ufficiali e sottoufficiali che poi divennero importanti personalità della politica e del mondo culturale italiano, tra cui il futuro segretario del Pci, Alessandro Natta. (Continua….)
Sul finire degli anni quaranta decise di iscriversi all’Accademia d’Arte drammatica di Roma e, già al secondo anno di accademia, Tedeschi venne invitato a recitare eccezionalmente in un Edipo Re a Vicenza, assieme a Renzo Ricci e Ruggero Ruggeri. Subito divenne figura indispensabile, come raccontò in una bellissima intervista nel 2001, in diversi ambiti della recitazione, da quella più sofisticata a quella più popolare: il teatro di rivista con Anna Magnani, la commedia con Tognazzi, le commedie musicali con Rascel, Delia Scala, Memmo Carotenuto, variando di continuo compagnie e sedi come il Piccolo di Milano, lo Stabile di Genova e quello di Trieste.
Nel frattempo arrivarono le regie di Strehler, Squarzina, Visconti, Patroni Griffi. Era l’epoca in cui il teatro tradizionale aveva fiumi di spettatori fuori dalla porta. Ma Tedeschi non pose di certo limiti alla sua versatilità, e negli anni sessanta cominciò a saggiare le sue capacità istrioniche legate alla commedia più leggera. Prima quindi ecco tanti titoli cinematografici popolari per Luciano Salce, Mario Mattoli, Pasquale Festa Campanile, Steno. Ma è anche nel cast del drammatico Adua e le compagne di Antonio Pietrangeli e nell’episodio di Rossellini di Ro.Go.Pa.G. Tedeschi affina le sue doti umoristiche facendo parte di un celebre e popolarissimo programma radiofonico: Gran Varietà, andato in onda tra il 1966 e il 1979. Assieme ai conduttori Johnny Dorelli, Raimondo Vianello, Raffaella Carrà, Walter Chiari, Tedeschi mescolò il suo personaggio del Conversevole della domenica con gli sketch e i personaggi degli altri grandi comici del momento come Paolo Villaggio, Paolo Panelli, Enrico Montesano, Monica Vitti, Ugo Tognazzi.
In questo periodo iniziano anche i lavori in tv, i grandi sceneggiati della televisione di stato tratti dai romanzieri russi dell’ottocento, le ospitate (spesso tragicomiche) in varietà come Il poeta e il contadino di Cochi e Renato, milanesi come lui. E ancora, negli anni settanta, le pubblicità di Carosello, autentici cortometraggi modello cinema con brevi drammaturgie alla base. Tedeschi è il testimonial delle caramelle Sperlari e questo personaggio bizzarro diventerà la maschera definitiva per la quale verrà riconosciuto nei decenni a venire da tutte le generazioni di spettatori tv. Una popolarità tale che si prolungherà anche in un altro spot anni ottanta e novanta, ovvero quella del nonnetto un po’ burbero che bisticcia con la ragazza Kaori nel contendersi fette di formaggio Philadelphia.
Tedeschi non abbandonerà mai il teatro, fino a pochi mesi prima di morire. Tanti gli spettacoli celebri. Ne ricordiamo un paio, più recenti: nel 1987 con il piemontese Felice Andreasi recita La famiglia dell’antiquario di Goldoni, scambiandosi con il collega ogni sera i due personaggi principali. Nel 2010, quando venne diretto da Luca Ronconi ne La compagnia degli uomini di Bond, quattro ore di spettacolo, sempre in scena, mai una battuta, un’intonazione, un gesto e un movimento non previsto. Il suo serissimo approccio alla materia venne testimoniato dalla stima dell’esigente Ronconi. Simpatico, gentile, riservato ma mai snobisticamente schivo, Tedeschi si era ritirato da diversi anni a vivere a Pettenasco sul lago d’Orta assieme alla moglie, anche lei attrice, Marianella Laszlo. Ricordato più volte durante le commemorazioni dell’Anpi, Tedeschi spiegò una volta i risvolti della prigionia nazista: “Fu allora che cominciammo a capire, ad aprire gli occhi, noi giovani cresciuti sotto il fascismo. Prima la guerra e poi l’internamento furono un brusco, drammatico ma salutare risveglio (…) rifiutammo, malgrado minacce e lusinghe, di aderire al fascismo ed al nazismo. Avevamo capito, provato sulla nostra pelle, quale era la minaccia che rappresentavano per la pace e la libertà, per il futuro nostro e delle generazioni che sarebbero venute”.