L’uso prolungato di aspirina e tachipirina può far perdere l’udito
I ricercatori americani del Brigham and Women’s Hospital di Boston hanno determinato che l’uso dei più diffusi farmaci analgesici, come il paracetamolo e l’ibuprofene, può comportare la perdita dell’udito nelle donne.
Assumere per lungo tempo farmaci antidolorifici alla stregua dell’antipiretico paracetamolo, dell’antiinfiammatorio non steroideo ibuprofene o dell’aspirina, tutti di uso estremamente comune, potrebbe compromettere l’udito, in particolar modo nelle donne. La notizia, non completamente nuova, giunge da uno studio prospettico condotto dai ricercatori del Brigham and Women’s Hospital di Boston su oltre 55 mila donne. La ricerca conferma quanto già diffuso dagli stessi autori nel 2010, ma aggiunge anche alcuni dettagli interessanti circa le percentuali di impatto.
In base ai dati rilevati dai ricercatori, nel 5,5% dei casi in cui le volontarie hanno comunicato problemi di perdita dell’udito vi sarebbe una stretta correlazione con l’uso dei suddetti farmaci analgesici, in particolar modo del paracetamolo (il principio attivo della tachipirina) e dei cosiddetti FANS, acronimo di farmaci antiinfiammatori non steroidei. Nelle pazienti che avevano assunto gli antidolorifici per più di sei anni è emerso un rischio maggiore rispetto a quelle che li avevano assunti per uno solo, ma curiosamente per l’aspirina – o acido acetilsalicilico – non è stata evidenziata tale differenza. L’uso prolungato dell’aspirina in passato era stato associato anche alla possibile riduzione della vista.
Gli studiosi hanno sottolineato che le statistiche ottenute non sono state influenzate sensibilmente dalla circonferenza della vita, dall’indice della massa corporea (BMI) o dalla presenza del tinnito, un disturbo nel quale i pazienti avvertono sibili, rumori e fischi nell’orecchio. Tutte le volontarie avevano un’età compresa tra i 48 e i 73 anni ed erano inserite nel famoso programma Nurses’ Health Study, coinvolto in diversi progetti statistici internazionali. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sull’autorevole rivista scientifica American Journal of Epidemiology.