Aveva solo 18 anni. Nusrat Jahan Femi, studentessa bengalese, è morta bruciata viva per essersi rifiutata di ritirare la denuncia per un tentativo di stupro nei confronti del preside della scuola che frequentava. La ragazza, prima è stata condotta sul tetto della scuola a Dhaka, in Bangladesh, e cosparsa di liquido infiammabile. Poi le hanno dato fuoco.
La ragazza è deceduta giovedì 11 Aprile 2019, dopo 5 giorni di sofferenza, presso il Dhaka Medical College Hospital. La giovane aveva il 75% di ustioni al corpo. Nonostante tutto, Nusrat Jahan Femi è riuscita a riferire i dettagli dell’aggressione a suo fratello.
“Le hanno detto che sul tetto della scuola c’era una sua amica che era stata aggredita –ha dichiarato il ragazzo-. Poi le hanno chiesto di ritirare la denuncia contro il preside Siraj Ud Doula. Quando lei si è rifiutata, uno di loro le ha versato del cherosene addosso e le ha dato fuoco”:
questo è quanto la vittima avrebbe raccontato poco prima di morire. Il ragazzo ha poi aggiunto che Nusrat avrebbe affermato che tutti gli aggressori “sembravano essere donne” e che avevano facce e mani coperte.
Secondo quanto riportato da FanPage, il dirigente scolastico, Siraj-ud-Daula, si trova in carcere dalla fine del mese scorso a causa delle affermazioni della 18enne che avrebbe tentato di violentare nel suo ufficio. Stando alle indagini della polizia, almeno 13 persone, tra cui due ragazze, sarebbe coinvolte nell’omicidio di Nusrat. Otto le persone finora arrestate, tra cui anche un insegnante.
Il capo dell’Ufficio investigativo della polizia, Banaj Kanti Majumdar, ha dichiarato che nei giorni precedenti l’omicidio, alcune persone arrestate, avrebbero fatto visita al preside in carcere. Il primo ministro Sheikh Hasina ha sollecitato una “punizione esemplare” per il “crimine efferato”.