I pupazzetti del piccolo Gioele e la consolle della bella deejay Viviana sono rimasti lì. In quella casa che oggi Daniele Mondello, 46 anni, anche lui dj di fama mondiale, cerca di evitare. Tutto è rimasto come è stato lasciato quel maledetto 3 agosto, giorno in cui la moglie e il figlioletto di soli 4 anni sono usciti di casa senza più farvi ritorno. È dunque sceso il silenzio in quel nido d’amore a Venetico, un paesino di quattromila anime in provincia di Messina, teatro dai primi anni Duemila di baci, risate a squarcia gola, allegri giochi sul tappeto, balli a ritmo di musica a tutto volume, normalissime litigate finite con un «va bene dai, hai ragione tu».
Daniele ancora non ha una tomba su cui poter piangere il figlio e la moglie perduti non si sa come. La Procura di Messina non ha finora restituito i corpi dei suoi cari. Servono accertamenti. Quella mattina del 3 agosto Viviana e Gioele erano usciti di casa per andare a comprare un paio di scarpette. La donna però aveva fatto un lungo e diverso giro in auto, era uscita al casello di Sant’ Agata di Militello per fare benzina ed aveva avuto un incidente in galleria lungo la A20. Aveva poi abbandonato l’auto col piccolo e, scavalcato il guard rail, era andata verso l’impervia campagna di Caronia, dove entrambi sono stati trovati morti, dopo giorni di pasticciate ricerche. (Continua…)
Omicidio suicidio, Aggressione di cani o di terze persone. Su queste due vite spezzate resta il buio. Daniele, tu che idea ti sei fatto? Secondo te come sono morti Gioele e Viviana? «La verità va ricercata nella campagna di Caronia, perché è lì che tutto è accaduto». Andiamo per gradi: tu non credi nell’ipotesi di omicidio-suicidio? «Assolutamente no. Mia moglie non avrebbe mai fatto del male a Gioele. Il morso di cane trovato sul suo gomito, un altro alla caviglia, fanno pensare ad una aggressione. Purtroppo lì in zona girano cani di grossa taglia liberi e senza microchip. Qualcuno deve aver visto o sentito qualcosa: so che quel giorno, in quella campagna, c’erano sette agricoltori che lavoravano. Lì si devono concentrare le indagini, oltre che a ricostruire esattamente l’incidente in galleria contro quel furgone di operai. Mia moglie ha abbandonato l’auto e scappava, qualcuno forse le ha detto qualcosa che l’ha spaventata. Non lo sappiamo ancora».
Si è detto che Viviana, scossa dal lockdown per il Covid, soffrisse di depressione.
«Niente di grave. Era solo preoccupata che succedesse qualcosa a me o a Gioele. Le avevano prescritto dei farmaci ma lei li aveva presi solo un giorno perché le davano dolori ai reni e all’utero. Ma era lucida, lo è sempre stata».
Cosa pensi delle ricerche e delle indagini?
«Sulle ricerche stendo un velo pietoso. Mia moglie era ai piedi del traliccio, vicino a una grande strada percorribile in auto. Era impossibile non vederla. Mio figlio, ormai divorato dai canidi del posto, visto che le sue ossa sono integre, viene rinvenuto solo grazie ad una mia iniziativa e alla passione di un uomo armato solo di amore e di un piccolo falcetto. A tutto questo si aggiunga il mancato sequestro immediato del furgoncino che ha impattato sull’auto di Viviana. Lo hanno preso solo dopo tre settimane, mentre era già in una carrozzeria in riparazione. Il resto delle indagini è un unico immenso buco nell’acqua». (Continua…)
Le indagini non sono finite, anzi.
«Hanno detto tutto e il contrario di tutto. In realtà non vi è nessuna traccia ematica nell’abitacolo dell’auto di Viviana, nessuna traccia di impatto. Nessuna frattura nel cranio di Gioele. Guardi, io penso spesso alla catena di eventi che mi ha schiacciato in questo angolo. La corsa di Viviana a Sant’ Agata di Militello, le mie lunghe ore di inutile attesa, chiuso in caserma, senza neppure sapere cosa fosse successo. Penso a ciò che è accaduto nella galleria: perché i due operai non hanno chiamato i soccorsi? Nessuno ha aiutato Viviana che da mamma voleva mettere in sicurezza Gioele, perché?».
Lei dunque non crede che Viviana sia salita su quel traliccio per buttarsi giù?
«No. Non ci sono impronte digitali sul traliccio, neppure tracce ematiche. Cosa colloca mia moglie lì sopra? Niente. Neppure una piccola traccia. Niente di niente. E allora, forse, la verità è celata nei morsi sul suo corpo, nei peli di cani rinvenuti su di esso, in quei luoghi blindati di omertà, nei troppi silenzi e nei devastanti ritardi nelle indagini».
Cosa si aspetta adesso?
«Ho poca speranza. Ma ho il diritto di sapere cosa è successo. La mia sarà una battaglia lunga. Forse mi aiuteranno le immagini dei satelliti militari. O forse il sussulto di chi sa e ha deciso di tacere. Capiremo un giorno perché Viviana viene rinvenuta a un chilometro da Gioele, senza un calzino e con una sola scarpa indossata?».
Come vivi oggi?
«Non sto lavorando, non riesco a concentrarmi. Cerco di stare fuori casa il più possibile ed evito di dormire nel nostro appartamento di Venetico. Troppi ricordi affollano le mie notti. Io e Viviana ci siamo amati e sostenuti. Lei era una ragazza volitiva, energica, forte e tale resterà, per sempre, nei miei ricordi. Lei e Gioele sono la mia famiglia, sopravvivo solo perché sento che mi sono vicini. Mi mancano troppo. La cosa più dura per me è guardare altri bambini. In ciascuno rivedo il volto del mio Gioele. Ogni mattina mi sveglio nello stesso incubo. Dove c’era amore, oggi c’è il vuoto».