“Aiuto, aiuto, non voglio che muori”. Viviana urla, Gioele piange per la paura, arriva l’ambulanza. I vicini pensano che sia per il bambino che sta male, e invece è per lei, terrorizzata che quel suo figlio adorato – figlio che è in perfetta salute – abbia qualcosa di grave, qualcosa che glielo porti via per sempre. Dà i brividi ascoltare adesso i racconti dei vicini di casa della famiglia Mondello..
nei primi giorni troppo intimiditi per spezzare davanti alle telecamere il refrain che tutto filava liscio in quel quarto piano affacciato sulla luce del Tirreno. Era giugno, Viviana non stava per niente bene, e quell’ambulanza soccorre lei, non Gioele. Dà i brividi ascoltare le voci dei ragazzini sulla strada che giocano e si rincorrono in bicicletta, e percepire in modo quasi fisico l’assenza irreale di Gioele dallo scenario di cui era parte, con i suoi gridolini e le sue corse nel cortile. (Continua…)
Il balcone della palazzina gialla con le serrande serrate – Daniele Mondello in questa casa non è più entrato, rifugiato dai genitori a Messina – un traliccio dell’Enel sulla collina a fianco, oggi una sorta di presagio funesto che rimanda al corpo di Viviana esanime e irriconoscibile a cento chilometri da qui, tra i rovi e gli sterpi accanto all’autostrada per Palermo.
Gioele è rimasto qui, nel suo breve passato e nel suo futuro strappato. E qui, al di là dei risultati dell’inchiesta, nessuno crede che possa averlo ucciso quella madre con cui viveva in simbiosi. Non almeno lucidamente, non almeno in modo preordinato. Non ci sono assassini qui a Venetico, non ci sono colpevoli, non ci sono condanne. Solo ricordo e pietà. Come se fossero stati portati via da una forza oscura che non appartiene a questo tempo e a questo spazio. (Continua…)
“Gioele si era battezzato qui – racconta Cleto D’Agostino, parroco da dieci anni nella chiesa di Santa Maria del Carmelo, a un passo dal mare – la mamma mi aveva chiesto da poco consigli su come iscriverlo al Grest, il gruppo estivo. Ma era ancora troppo piccolo, per bambini di quell’età ci vuole un’attenzione particolare che non possiamo garantire, tanto meno in questi tempi di epidemia. Ci eravamo ripromessi che l’avrebbe iscritto l’anno prossimo”.
A lui Viviana aveva confidato le sue fragilità, i suoi tormenti, i suoi dubbi per cui cercava conforto in quella Bibbia che declamava sul balcone. “Ma di questo non voglio parlare – dice – penso che dobbiamo dare spazio al silenzio e alla preghiera, senza cercare colpe o ribellarci a questa grande prova che tocca tutti, lontani dalla macchina del fa”.