Notizia certificata e riportata da LiberoQuotidiano. La chiamano – controintuitivamente- “de-escalation”, in realtà è la strada che porta dritta all’Apocalisse. Si tratta della dottrina militare che, dal 2000, nelle segrete carte di Putin, consiste in una sorta di “guerra nucleare preventiva”. Il concetto è semplice: prima ti bombardo -così, perché mi va- con missili nucleari a lungo raggio; poi, semmai, quando sei raso al suolo, ne discutiamo. Questa, la teoria, è l’aspetto meno preoccupante della guerra d’Ucraina. Quello più terrificante sta nella la de-escaltion putiniana davvero alle porte; e nel fatto che uno dei primi bersagli della Russia messa alle strette sarà la nostra base militare di Aviano.
A prospettare questi scenari da brividi è Nikolai N. Sokov, ora membro di spicco del Centro per il Disarmamento e per la Non-Proliferazione di Vienna, e prima ancora dirigente presso il Ministero degli Esteri dell’Unione Sovietica e poi della Russia. Sokov è uno scienziato-burocrate con spiccato senso del realismo, oltre che uno dei maggiori esperti di proliferazione nucleare del mondo. Ha visto nascere e crescere Putin e possiede una memoria storica che si estende all’epoca dell’Urss.
L’INTERVISTA SOCIAL
«Inoltre Sokov fu negoziatore russo per i trattati Start I e Start II per il contenimento degli arsenali atomici. Ed è autore di testi accademici sulla proliferazione nucleare e commentatore presso prestigiosi organi scientifici come il Bulletin of the Atomic Scientists», spiega Paolo Barnard, il giornalista e documentarista che ha intervistato in esclusiva dall’Austria lo stesso Sokov, riproponendone le previsioni nell’incontro – organizzato dall’editore Lorenzo Fazio- di dopodomani sul profilo Facebook di Scuola Capitale Sociale. Nel lungo scambio d’opinione dei due all’ombra dei documenti forniti ai vertici militari moscoviti, la de-escalation emerge come la peggior iattura. Sempre dopo la Nato, intesa come «minaccia esistenziale», dai tempi del Kosovo- anno 1988- quando la Nato stessa attaccò un’area d’influenza russa senza passare per una risoluzione del Consiglio di Sicurezza Onu (laddove Mosca avrebbe potuto esercitare il diritto di veto, e non potè).
«Quello fu uno shock per il Cremlino, significava che la Nato poteva attaccare ovunque a piacimento, quindi non più un’alleanza difensiva ma offensiva. Inoltre, sempre dal Kosovo, venne la realizzazione dell’immensa superiorità degli Stati Uniti nelle armi convenzionali a lungo raggio. Di fatto, Mosca si rese conto che in un conflitto con l’occidente sarebbe stata sconfitta prima ancora di scontrarsi sul campo» afferma Sokov «infine la questione ucraina: era chiaro al Cremlino che poco dopo l’ormai certa adesione di Kiev alla Nato quelle avanzatissime testate convenzionali a lungo raggio dell’occidente sarebbero apparse sul suolo ucraino, a minacciarla».
Da qui – spiega Barnard lo scambio reciproco di piazzamenti di missili nucleari iperveloci (4 minuti dall’Ucraina a Mosca, 7 da Mosca alla Germania) sui reciproci confini; e l’idea tutta putiniana dell’«attacco preventivo nucleare, mirato e sottoscritto». Attacco concepito «per costringere l’avversario più potente a fermare le sue operazioni con armi convenzionali contro la Russia, pena l’olocausto nucleare». Il tutto si basa su unl concetto: nell’asimmetria delle forze e di chi ha più da perdere, vince il più debole e chi si sta giocando il tutto per tutto. Come la Russia nel caso ucraino. «Mosca può agire per fare desistere l’avversario dalla sua interferenza nei conflitti in cui Mosca è coinvolta» continua Sokov.
Il quale Sokov, sollecitato su quali siano- definiti su carta- gli obiettivi militari russi di questa follia afferma, appunto: «Basi militari. Sì, Aviano è fra i target, perché i primissimi a essere colpiti da un attacco di de-escalation sarebbero proprio le basi aeree Usa e Nato. Oltre ad Aviano, la lista ne prevede due in Polonia, quelle tedesche e soprattutto le britanniche. Ma nelle simulazioni fatte fino al 2013 c’erano anche basi in territorio americano. Nella de-escalation non stiamo parlando del lancio di armi nucleari tattiche russe a raggio intermedio, ma di quelle a lungo raggio».
TEMPESTA PERFETTA
Per Sokov siamo dunque in piena tempesta perfetta. Anche perché la «totale irrazionalità» delle decisioni di un Putin sempre più avvolto dalla sindrome di Pietro il Grande, può portare lo zar a premere il bottone dei missili, soltanto all’idea che Biden possa pensare ad imporre un cambio di regime, in stile Libia. «Il presidente Usa ha fatto un errore drammatico a definire Putin “criminale di guerra”; ha reso qualsiasi futuro contatto fra loro impossibile», afferma Sokov. Pure se l’intervista è stata realizzata prima dell’eccidio di Bucha e della possibile condanna internazionale di Putin prroprio per crimini di guerra.
Altra sottovalutazione, per Sokov, starebbe nella costante e incontrollabile tendenza delle nazioni al riarmo («a colpi di missili di precisione a lungo e medio raggio, che sono la componente più distruttiva in assoluto fra le armi convenzionali»), laddove solo la Russia, paradosso, ha posto limitazioni osteggiata dagli States. Sokov scuote il capo anche per l’errore, marchiano, di aver colpito con le sanzioni non tanto i siloviki -ossia gli ex uomini dei Servizi, il vero midollo di Putin- quanto gli oligarchi. «Un vero e proprio regalo a Putin. La gente comune detesta gli oligarchi, ma anche Putin non li gradisce, poiché essi di norma portano immense quantità di capitale fuori dalla Russia per investirle in occidente», continua lo scienziato. «Ora la confisca di parte delle loro ricchezze in Europa e negli Stati Uniti costringerà gli oligarchi a tornare a investire in Russia con la coda fra le gambe, a inchinarsi davanti al presidente». La chiamano de-escalation. Se non fosse tragedia